Il servizio delle ‘Iene’ di settembre è stato utile ma l’<affaire> è noto da lungo tempo, per esempio dal 2009, come leggiamo da diversi articoli recuperati in Internet, di cui non riportiamo il link ma citiamo solo i titoli e le date di pubblicazione, facendo salvo il Copyright dei titolari, ed ognuno vi può risalire digitando le due principali parole.
Come si legge al titolo “Concentrato di pomodori cinesi made in Italy” di mercoledì 11 agosto 2010: «Pomodoro un po’ cinese e un po’ di Reggio-Emilia. Il miscuglio sino-emiliano era destinato a finire nel piatto se i Nas di Parma non fossero intervenuti sequestrando 220 mila buste di doppio concentrato di pomodoro cinese pronte ad essere miscelato con pomodori prodotti nella provincia di Reggio Emilia ed essere esportato con l’etichetta made in Italy. La scoperta, avvenuta a conclusione di indagini avviate nell’autunno del 2009, ha portato però anche alla conferma che confezioni monodose di pomodoro sono già state vendute in passato, per essere commercializzate ad un ditta tedesca e a due società italiane, una della provincia di Cremona e l’altra di Cuneo, entrambe raggiunte da un provvedimento di sequestro. Le tre aziende, raccontano i Nas di Parma in un comunicato, “assemblavano un kit completo per spaghetti composto, oltre che dalle confezioni di concentrato di pomodoro, anche da una busta di formaggio grattugiato e da una confezione di spaghetti, il tutto destinato a paesi esteri, prevalentemente la Germania” (omissis)».
E al titolo “Pomodoro cinese: il servizio delle Iene è inattendibile: troppi vermi, tanta fantasia e dati senza riscontri. Sì all’origine dei prodotti in etichetta”, in data 29 settembre 2015, è scritto questo: «Due milioni di telespettatori hanno visto domenica 27 settembre su Italia1 il servizio de Le Iene sul concentrato di pomodoro cinese contaminato da antiparassitari importato in Italia e utilizzato nei sughi pronti, nel ketchup e in altre preparazioni destinate in prevalenza a mercati extra UE. (omissis) Tutto ciò è fuorviante perché fa credere ai consumatori che i pelati e altre conserve usate per condire pasta, carne e pizze, siano cinesi e questo non è vero. La questione del concentrato di pomodoro non riguarda le bottiglie di polpa o di passata e tanto meno le lattine di pelati che nel 99% dei casi sono ottenuti da pomodoro coltivato e lavorato in Italia (la legge prevede che siano preparati solo con pomodoro fresco) come si può leggere sulle etichette che riportano l’indicazione “100% made in Italy”(*) (…omissis…) (*) La raccolta del pomodoro fresco in Italia è più che sufficiente a coprire la necessità delle imprese che lavorano e imbottigliano solo materia prima locale. In media si trasformano circa 5 milioni di tonnellate l’anno di prodotto fresco e il 60% viene esportato.».
Nell’omissis stava scritto questo: «ma in realtà le importazioni dalla Cina sono ridicole. L’anno scorso solo il 10% delle 144 mila tonnellate di concentrato importato, proveniva dalla Cina. Si tratta dello 0,28% del pomodoro lavorato dall’industria italiana (una quantità cinque volte inferiore rispetto al 2013). La stragrande maggioranza del concentrato infatti arriva da: California, Spagna, Portogallo e Grecia. Come più volte detto la materia prima viene utilizzata da alcune industrie italiane per prodotti destinati soprattutto al mercato africano ed extra europeo per le bottiglie di ketchup, i sughi pronti dove il pomodoro risulta un ingrediente minore».
In data 5 ottobre 2015, sotto il titolo “Le Iene: pomodoro siciliano? ma quale, è cinese!”, si ripercorrono le varie tappe dello scalpore suscitato dal loro servizio mandato in onda in settembre: «A scontrarsi, oltre agli indignati consumatori, sono soprattutto L’ANICAV e la Coldiretti. L’ANICAV (Associazione Nazionale Industriali Conserve Alimentari e Vegetali), già il 29 settembre ha bollato come “bufala” il servizio della Toffa con un comunicato riportato sul proprio sito e parla di “leggende metropolitane”: “Dalla Cina importiamo solo pomodoro concentrato (-80% negli ultimi 2 anni), il cui utilizzo, però, è destinato solo ai mercati esteri”. (…) Di opinione totalmente contraria, invece, la Coldiretti: “Sono aumentate del 520 per cento le importazioni di concentrato di pomodoro dalla Cina che raggiungeranno a fine anno circa 90 milioni di chili, pari a circa il 10 per cento della produzione nazionale”. I dati della Coldiretti, ricavati dall’Istat, denunciano il rischio che in questo momento sta correndo in Made in Italy. “Dalla Cina – sottolinea la Coldiretti – si sta assistendo ad un crescendo di navi che sbarcano fusti di oltre 200 chili di peso con concentrato di pomodoro da rilavorare e confezionare come italiano poiché nei contenitori al dettaglio è obbligatorio indicare solo il luogo di confezionamento, ma non quello di coltivazione del pomodoro. La maggioranza degli sbarchi avviene nel porto di Salerno in Campania come evidenziato dal rapporto Agromafie elaborato dall’Osservatorio sulla criminalità in agricoltura insieme ad Eurispes e Coldiretti”».
Ma ci prendiamo in giro? Avete letto bene? L’Italia importa concentrati di pomodori cinesi e californiani, iberici e greci, non solo per il nostro consumo (e ci dovremmo affidare alle dichiarazioni di verginità dei nostri produttori e confezionatori), ma specialmente per vendere in Africa e nei paesi sottosviluppati, ma persino nella sviluppatissima Germania, delle “prelibatezza” spacciate per Made in Italy? È ancora più scandaloso! Sfamiamo popolazioni povere, e le avveleniamo sotto un truffaldino marchio nostrano? E facciamo il medesimo gioco persino con la Germania?!
Maura Sacher
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