Mi sarebbe piaciuto che questa notizia fosse per davvero aderente al titolo della Sezione “Eccellenze d’Italia”, ma purtroppo sappiamo che le carni bovine italiane presenti sul nostro mercato interno sono una parte irrisoria di quanta ne consumiamo e troviamo in vendita.
Infatti, la maggior parte della quota di auto approvvigionamento è soddisfatta non da animali autoctoni, bensì da soggetti importati da altri paesi europei. I principali fornitori di carne sono Francia, Germania, Olanda, Polonia e Irlanda. Il nostro paese è un forte importatore di carni bovine, o meglio di animali che vengono acquistati a circa 8-10 mesi di età e messi all’installo per l’ingrasso negli allevamenti italiani e alla fine macellati dalle nostre aziende italiane.
Per fortuna, almeno nella grande distribuzione, è rispettato l’obbligo dell’etichettatura chiara e descrittiva di tutti i passaggi, così il consumatore attento, quello che legge le etichette sui prodotti, diventa consapevole del percorso fatto dall’animale prima che la sua carne sia messa in vendita a tagli.
Nonostante siano sempre radicate le richieste dei consumatori di carne nata, allevata e macellata in Italia, questa aspirazione è riservata ad un mercato definibile di “nicchia”, giacché, stranamente, quella importata alla fonte costa meno (per motivi noti agli operatori del settore) e, dunque, va ‘incontro’ alla massa.
L’Overview sui mercati agroalimentari a cura della Direzione Servizi per il Mercato – Ismea, dopo la segnalazione della scorsa settimana che:
«la tendenza di fondo resta positiva per il bovino da carne, in un mercato che potrebbe confermare i lievi aumenti di prezzo sia per il bestiame vivo che per le carni. L’attività di macellazione sta registrando in questi giorni un andamento più regolare, mentre si segnala qualche difficoltà nell’approvvigionamento di capi da ristallo, a seguito dell’emergenza blue tongue scoppiata in Francia nel dipartimento dell’Allier, che rappresenta il principale bacino di produzione delle razze da carne francesi. Il blocco della movimentazione di capi è già operativo in un raggio di 150 chilometri dal focolaio, mentre si attendono le ulteriori decisioni che le autorità francesi potranno prendere per prevenire i contagi.»,
titola la segnalazione di ieri: “Bovini, lo stop dei ristalli francesi influenza i mercati” e informa:
«Il mercato dei bovini da ristallo rimane condizionato dal blocco degli approvvigionamenti dalla Francia, dove per l’emergenza Blue tongue è stato sancito un allargamento dei territori soggetti a restrizioni di movimentazione. Di riflesso, come segnalato dall’Overview di Ismea di questa settimana, anche nei prossimi giorni è prevedibile un ulteriore rialzo dei prezzi dei capi nazionali e dei ristalli di provenienza estera, specie irlandesi e polacchi, che sul mercato internazionale si stanno sostituendo a quelli d’Oltralpe. Tale situazione sta condizionando e rallentando anche l’attività di macellazione nazionale, per le incertezze sui successivi ristalli e per la difficoltà dei macellatori di trasferire i rincari alla distribuzione, nonostante per i quarti anteriori e le mezzene si stia già assistendo ad una fase rialzista».
Se questa epidemia dei bovini (blue tongue, febbre catarrale, trasmessa da un moscerino) blocca le importazioni degli animali giovani francesi per farli ingrassare da noi, perché sabato scorso 3 ottobre 2015, nel mio Despar ho trovato carne di bovino “nato e allevato in Francia, macellato e sezionato in Italia”? La malattia che colpisce gli allevamenti francesi vieta l’importazione dell’animale vivo, ma non di quello morto?
Maura Sacher
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