Il vino pugliese comunica una cultura antica, più che mai mentre si riscopre il legame dell’uomo con la terra. Il Nero di Troia, insieme al Negroamaro e al Primitivo, è il protagonista di quel rinascimento enologico che negli ultimi anni ha reso protagonista del buon bere questa regione, chiamata un tempo la cantina d’Europa. Ai suoi vini, apprezzati fin dall’età romana, il sole dava forza e intensità. Forse anche troppa perché il loro destino, fino a qualche decennio fa, era quello di emigrare, come vini da taglio,per dare corpo e colore a vini esangui di terre lontane. Oggi la passione dei produttori, il perfezionamento delle tecniche vinicole e soprattutto il gradimento del mercato hanno restituito loro il ruolo da protagonista.
Il Nero di Troia, con il Primitivo e il Negroamaro, è tra i vitigni più identitari del territorio. E’ chiamato anche Uva di Troia perché secondo la leggenda, a portarlo dal mare furono alcuni esuli greci al comando di Diomede, fuggiti alla distruzione della mitica città di cui ci racconta Omero. Il Menhir di Canne, tra Barletta e Canosa, sarebbe proprio una pietra della città in rovina, portata dai nostalgici fuggiaschi. Al vitigno, che costituisce la base della denominazione Castel Del Monte, è stato dedicato un focus per iniziativa dell’omonimo Consorzio di Tutela e del Movimento del Turismo del Vino Puglia.
Al Teatro comunale di Corato sono intervenuti ricercatori, tecnici, produttori, esperti di marketing, giornalisti, degustatori. Nelle due sessioni, una focalizzata, sia sugli aspetti tecnici che sulle strategie di marketing applicabili per fare del Nero di Troia un vero e proprio volano economico per il territorio, sono intervenuti tra gli altri, accolti da Francesco Liantonio, presidente del Consorzio di tutela Vini Doc Castel del Monte, Fabrizio Nardone e Rosa Fiore per la Regione Puglia, i ricercatori Laura De Palma, Paola Piombino e Luigi Tarricone, il presidente dell’AICIG Giuseppe Liberatore, Mauro Rosati di Qualivita, Donatella Cinelli Colombini, presidente del Consorzio del vino Doc Orcia e il sommelier Alessandro Scorzone. Tutti, ognuno nelle proprie competenze, hanno evidenziato criticità e formulato proposte. Anche la globalizzazione -è stato detto- può contribuire a scrivere un futuro del vino dinamico e stimolante fatto di conoscenze, diversità, di rispetto per l’ambiente e per il consumatore.
Sono due le espressioni del Nero di Troia: la ruvese, ad acino grande e a grappolo serrato e la canosina, ad acino piccolo, meno produttiva ma vocata ad una elevata qualità. Il vino è rosso vivo, dal bouquet elegante e fresco, con sentori di ciliegia, viola, tabacco e pepe nero, ricco di tannini e polifenoli la cui astringenza può essere attenuata da altre uve.
Per il Castel Del Monte la varietà più usata è il Montepulciano, tanto che nei vecchi vigneti si usava piantare ogni tre filati di Nero di Troia uno di Montepulciano. Altre denominazioni che prevedono il Nero di Troia in blend sono Rosso Barletta, Rosso Cerignola, Rosso Canosa e il Cacc’e mitte di Lucera e Ortanova. Vinificato anche in rosato e in bianco, in purezza può esprimere appieno i suoi caratteri. La Puglia vive una vitivinicoltura vivace e stimolante che ha visto crescere la qualità delle aziende, come ha sottolineato al convegno di Corato Francesco Liantonio. Il Consorzio, nato nel 1998, conta l’adesione di otto cantine: Santa Lucia, Rivera, Conte Spagnoletti Zeuli, La Cantina di Andria, Cefalicchio, La Cantina della Riforma Fondiaria-Vignuolo, Torrevento, La Cantina Tor De Falchi. Molte aziende rientrano nel Parco dell’Alta Murgia, il più vasto parco rurale italiano. Ognuna di loro ha la sua storia da raccontare, fatta di lavoro e di passione. C’è chi ha trovato nell’arte un complemento espressivo, come Donato di Gaetano della Tor dei Falchi, che ha creato una cantina ispirata al pioniere dell’arte contemporanea Kasimir Maievic del movimento suprematista. Il suo progetto, riconosciuto nel 2013 di “eccellenza rurale” rivolto alla valorizzazione degli autoctoni, prevede anche per le etichette una veste grafica quasi ipnotica. C’è l’azienda Spagnoletti Zeuli condotta dal Conte Onofrio che vanta radici antiche: l’archivio del Casato custodisce documenti che testimoniano sin dall’inizio del XVII secolo l’impegno della famiglia di trasformare i terreni aspri della Murgia in campi rigogliosi. Datata al 1628, e condotta dalla stessa famiglia nelle Murge Baresi, anche l’azienda Santa Lucia. Un’altra grande famiglia del vino è la De Corato di Rivera. Negli anni 40 Sebastiano De Corato fondò l’azienda vitivinicola per valorizzare e diffondere il potenziale qualitativo dell’area di Caste del Monte. Continuò il figlio Carlo e oggi i nipoti Sebastiano e Marco proseguono l’impegno combinando le più moderne tecniche con il rispetto dei processi naturali, nell’ottica della sostenibilità ambientale. Piccola ma di assoluta qualità la produzione di Cefalicchio di Canosa, azienda biodinamica condotta con spirito rivolto all’eccellenza. Cantina modello anche Torrevento di Francesco Liantonio, unica in Puglia ad aver adottato sistemi di previsione contro le malattie della vite attraverso l’integrazione di dati microclimatici e sistemi di intelligenza artificiale. Floride anche le realtà cooperative come la Cantina della Riforma Fondiaria ACLI di Ruvo di Puglia, cui aderiscono 200 soci con 500 ettari vitati.
Ma se il vino è ambasciatore del territorio conviene percorrere un itinerario del Nero di Troia coniugando bellezza e buona cucina. Si può partire da Canosa da cui si domina la Valle dell’Ofanto e il Tavoliere, dal Gargano alla costa adriatica. L’antica Canusium è nota per le necropoli, i templi paleocristiani e le strutture della Magna Grecia e romane. Verso Minervino Murge, la campagna è punteggiata da masserie, dimore padronali con stalle, magazzini del grano, e alloggi per i contadini. Importante il ruolo delle masserie, centri organizzativi del latifondo già nel XVII secolo. Lungo i sentieri della transumanza si possono ammirare le Poste (piccoli magazzini recintati da muretti a secco) e la Scesciola che già nel nome ricorda le dominazioni arabe.
Il maestoso Castel Del Monte a pianta ottagonale con grandi torrioni, Patrimonio dell’Umanità, fu eretto dall’imperatore Federico II di Svevia. Verso Corato si incontrano distese di vigneti e di olivi secolari della cultivar più diffusa, la “Coratina” detta anche “racioppa di Corato”. A pochi chilometri c’è Ruvo di Puglia. Di notevole interesse il Duomo e il Museo Jatta, che custodisce capolavori di terracotta e ceramica della Magna Grecia. A Trani un colpo d’occhio stupefacente è la bianca cattedrale sul mare, dedicata a San Nicola. E’ detta la regina delle chiese di Puglia, austera e luminosa nelle sfumature bianco-rosate del marmo locale, a testimoniare lo splendore della città nel Medioevo. Agli inizi del ‘900, in diverse città del nord, le insegne con le scritte “Trani” e “Barletta” indicavano i locali che servivano al bicchiere i vini sfusi provenienti da questa città. La cucina pugliese riflette, come il vino e l’olio, la sua civiltà, e vale la pena ripercorrerla gustando i piatti ricchi di profumi di aromi, spesso esemplari equilibri tra fritti di mare e della campagna.
Un capolavoro della tecnica casearia è la burrata: sfilacci di mozzarella immersi in panna liquida e racchiusi nella “camicia”, un involucro di formaggio dolce. Simbolo e rappresentante del buono di Puglia è Pietro Zito, titolare del ristorante Antichi Sapori di Montegrosso (Andria). Il suo orto biologico racchiude tutta la biodiversità pugliese e anche il pane, cotto in enormi forme e cotto in un forno a paglia del 1526, è firmato da un artigiano del gusto di Orsara di Puglia, Angelo Di Biccari. Anche Il focus di Corato, dedicato al Nero di troia, non poteva non concludersi con un grande evento enogastronomico: la cena “Cinque chef per il Sovrano” in cui oltre a Zito hanno preparato uno speciale menu murgiano altri quattro chef: Caterina De Palo de “L’Angolo divino”, Cinzia Piccarreta de La Bottega dell’Allegria, Antonio Di Nunno de La Locanda Di Nunno, Riccardo Barbera di Masseria Barbera. La cena è stata l’occasione per eleggere gli “Ambasciatori del Nero di Troia”, scelti tra giovani operatori del settore della ristorazione.
Mariella Morosi
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