Quei “magnifici sette” vigneron di Oslavia
Nel “regno” della Ribolla Gialla, delle anfore e degli Orange Wines, al confine tra Italia e Slovenia, è stato presentato il primo calice personalizzato, riservato ai vini macerati sulle bucce.
Ci sono dei vini, in Italia e nel mondo, che i consumatori giudicano in maniera diametralmente opposta: o si amano o si odiano. Gli Orange Wines appartengono a questa categoria. Sono prodotti da uve a bacca bianca, ma vinificati come fossero dei vini rossi, in anfore di terracotta, sulle bucce, come avviene da millenni in Georgia. Nella loro versione moderna hanno avuto come pioniere un famoso vigneron del Collio goriziano, Josko Gravner.
Ne ho parlato più volte. Ricordo, in particolare – ai miei esordi giornalistici nel mondo dei vini – quella «strana» e «torbida» Ribolla Gialla che avevo assaggiato la prima volta al Ristorante «Agli Amici» di Udine, in occasione dei festeggiamenti per la conquista da parte dello chef Emanuele Scarello della prima stella Michelin. Il giudizio non fu proprio entusiasmante. Ma con il tempo ho dovuto ricredermi assaggiando i vini macerati di molti vigneron al di qua e al di là del confine tra l’Italia e la Slovenia: Gravner, Radikon, Primosic, Kocjančič, Podversic, Fiegl, Simcic, Zidarich, Burja, Batic, Erzetic, Stekar, Clai solo per fare quache nome.
La Ribolla Gialla, il vitigno tipico del Collio goriziano e sloveno (Brda)
Negli ultimi anni l’interesse per i vini macerati sta crescendo. In Italia il territorio più vocato si trova sul Collio goriziano, in particolare sulla collina di Oslavia, “regno” della Ribolla Gialla, il vitigno autoctono che incarna il senso di appartenenza a questi luoghi dove il confine tra Italia e Slovenia, tra Collio goriziano e sloveno (Brda), in passato teatro di guerra – il Sacrario Militare di Oslavia ne è testimone – oggi è solo una linea immaginaria in cui si parla il linguaggio universale della vite e del vino.
Se il Collio, terra di confine tra Occidente ed Oriente, tra Mediterraneo e Mitteleuropa, crocevia di popoli e di culture, è la quintessenza dei grandi vini bianchi italiani nel mondo, di cui il Friuli Veenzia Giulia è sinonimo, Oslavia lo completa e lo arricchisce, ma allo stesso tempo ne rappresenta anche l’antitesi. Perché se i vini del Collio sono simbolo di pulizia ed eleganza, Oslavia è terreno di studio per vitigni ostinati e unici, figli della tradizioine. E la conferma sono proprio i vini macerati, gli Orange Wines, di cui la Ribolla Gialla è un’eccellenza mondiale.
Quel calice leggerissimo in vetro soffiato dai maestri di Boemia
Per questi vini macerati Italesse, l’azienda triestina leader nel mercato del “glassware wine oriented”, ha creato un calice particolare, primo al mondo: il “T-made 95 Oslavia”.
Il lancio di questo calice personalizzato, che rientra nell’ambito del Progetto Senses, è stato accolto con entusiasmo dai “magnifici sette” vigneron dell’Associazione Produttori Ribolla di Oslavia: Dario Princic, Josko Gravner, Saša Radikon, Matej Fiegl, Primosic, Il Carpino, La Castellada.
Il calice leggerissimo, un pezzo unico fatto a mano, in vetro soffiato dai maestri di Boemia, ha una forma generosa ed è il simbolo di un territorio vitivinicolo unico al mondo. In questo caso l’artigianalità e l’innovazione Made in Italy ai massimi livelli si incontrano per portare sui mercati del internazionali la maestria del Friuli Venezia Giulia e il prestigio e il valore dei suoi vini.
La presentazione all’Harry’s Piccolo di Trieste, chef Matteo Metullio
Il progetto è stato presentato nei giorni scorsi al Ristorante Harry’s Piccolo di Trieste con la Ribolla Gialla abbinata alla cucina dello chef stellato (con esperienze altoatesine) Matteo Metullio. Questo calice professionale può rendere emozionante l’esperienza di degustazione valorizzando al meglio i territori (il T-made Lab è il gruppo di enologi, sommelier e tecnici che lavora con Italesse sul Progetto Senses che ha già visto la nascita dei “T-made 75” del Barolo, “T-made 70” del Brunello di Montalcino e T-made 55 per i Vermentini di Sardegna e Gallura).
Saša Radikon: “Un nuovo passo per tutelare e valorizzare il territorio”
“E’ un nuovo passo nel nostro progetto di tutela e valorizzazione del territorio” ha sottolineato Saša Radikon, presidente dell’Associazione Vignaioli di Oslavia che, insieme, producono 150.000 bottiglie all’anno.
“Da oggi in qualsiasi luogo del mondo si degusti un buon vino Orange – ha aggiunto – sarà possibile farlo con un bicchiere che si chiama Oslavia (a partire dai ristoranti stellati) simbolo della nostra identità. Un orgoglio per noi dopo il successo del percorso delle panchine arancioni che ogni giorno attrae visitatori meravigliati dagli scorci incredibili del nostro colle.”
Saša Radikon ha altresì ribadito il valore del lavoro collettivo: “Le differenze tra i produttori ci sono, ma rappresentano una ricchezza.”
Le sette cantine e i sette vigneron di Oslavia, una sfida stimolante
“Riuscire a valorizzare il lavoro compiuto da questi produttori con un calice – ha spiegato Massimo Barducci, amministratore delegato di Italesse – è stata una sfida tecnica stimolante.”
“Una sfida ancora più grande per l’unicità di questi vini – ha concluso Paolo Lauria, sommelier e marketing manager di Italesse – accumunati dallo stesso spirito, ma allo stesso tempo diversi per il diverso approccio produttivo delle sette cantine, specchio dell’anima di chi li produce.”
In alto i calici. Prosit! (GIUSEPPE CASAGRANDE)
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