Con il progetto Ritorno tornano sull’Etna i vitigni gioiello
Si chiamano Madama bianca e nera, Minnella bianca e nera, Tribboti, Terribile, Barbarossa Etna , Moscatella nera, Zzinneuro, Virdisi e Vispara sono alcuni dei vitigni a rischio estinzione dell’Etna chiamati da tutti i vitigni gioiello, un patrimonio di Biodiversità viticola poco conosciuto ma di grande suggestione, come il fascino indiscusso dell’Etna stesso, la “Montagna” per antonomasia che ha sempre impressionato e colpito con la sua maestosità schiere di viaggiatori ed estimatori.
Patrimonio dell’umanità, montagna di fuoco avvolta dalla neve con il suo pinnacolo fumante sembra quasi vigilare sulla città di Catania e sui fertili versanti che scendono dalla cima verso il mare. La sua imponente bellezza, esaltata anche dal suo fascino temibile, custodisce storie incredibili di uomini e paesi che si confrontano ogni giorno con questa “potenza” naturale.
A queste storie incredibili appartiene di fatto oggi anche il progetto Ritorno, una suggestione fattasi concretezza che partendo dalla Toscana, rimbalzando in Veneto e Trentino atterra con forza sul Vulcano grazie alla determinazione di Edoardo Ventimiglia che fa vino a Pitigliano, alla sensibilità di Elisabetta Nicolosi , Filippo Ferlito ed Andrea Marletta che fanno ricerca all’Università di Catania, alla lungimiranza di Gianpaolo Girardi di proposta Vini, alla disponibilità di Alfio Cosentino sindaco di Milo, a G.R.A.S.P.O. che ha curato tutte le micro vinificazioni ed ai tanti sostenitori che hanno accompagnato con la loro generosità questa particolare avventura.
E la 44ma edizione di VINIMILO, come promesso lo scorso anno, diventa il contenitore ideale per ripercorrere, con tutti i protagonisti, le tappe del progetto Ritorno potendo assaggiarne finalmente i vini e testandone le loro potenzialità enologiche in vista di una possibile e prossima loro iscrizione al Registro del Ministero.
Dalla inesauribile potenza del Terribile e del Barbarossa, all’originale aroma della Moscatgella Nera, alle sorprendenti sfumature vulcaniche di Zzinneuro, Virdisi e Madama bianca fino all’identitaria gentilezza che caratterizza la Vispara e la Minnella Bianca in purezza come sottolineato da Mariagrazia Barbagallo vice presidente AIS Sicilia e Paolo Pennisi presidente AIS Jonico Etnea e da Salvatore Sparla ricercatore dell’IRVO.
Elisabetta Nicolosi ha ricordato il ruolo che questi vitigni “gioiellò” possono assumere nel panorama enologico regionale in quanto di possibile utilizzo per la produzione di vini unici e riconoscibili, identitari dell’Etna, che possono consentire alle aziende di distinguersi sui mercati con prodotti di difficile omologazione. Il lavoro di ricerca e caratterizzazione è iniziato nei primi anni del 2000, grazie all’azione dei ricercatori dell’Università di Catania ed alla collaborazione di alcuni anziani viticoltori custodi.
Partendo da poche piante geolocalizzate, le accessioni sono state replicate per realizzare piccoli campi collezione di germoplasma presso l’Azienda Agraria Sperimentale dell’Università di Catania e presso il Parco dell’Etna nella sede di Nicolosi (CT).
Il Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione ed Ambiente dell’Università di Catania (Di3A), l’IRVO Istituto Regionale del Vino e dell’Olio con sede a Palermo, il Consorzio Etna DOC e il CREA sede di Acireale sono in prima linea per continuare un percorso importante di valorizzazione e utilizzo di vitigni gioiello dell’Etna.
Ed è proprio Maurizio Lunetta del Consorzio Etna DOC a sottolineare che in Sicilia oggi ci sono già 71 vitigni autorizzati per la coltivazione in tutta la Regione Sicilia, purtroppo circa il 60% di questi sono internazionali dal Merlot al Tempranillo.
Emerge quindi chiara una emergenza che non è solo culturale ma anche e forse più colturale. Cambiamenti climatici sempre più impattanti sul vigneto siciliano, evoluzione dei gusti dei consumatori e nuove tecniche enologiche a disposizione ci impongono di salvaguardare in tutti i modi lo storico ricco patrimonio ampelografico della nostra Regione.
I vitigni cosiddetti gioiello o reliquia sui quali stiamo lavorando con l’Universita’ di Catania, l’IRVO e GRASPO sono straordinari serbatoi di geni dai quali possiamo attingere nei prossimi anni per superare le nuove sfide.
Il viaggio continua…..
Aldo Lorenzoni e Luigino Bertolazzi
Foto di Gianmarco Guarise
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