I cinquant’anni di Sua Maestà il Tignanello
E’ uno dei vini-mito che hanno fatto la storia dell’enologia italiana. Il merito è di Piero Antinori e dell’enologo Giacomo Tachis con la “benedizione” di Veronelli.
E’ uno dei vini-mito che hanno fatto la storia dell’enologia italiana: Sua Maestà il Tignanello dei Marchesi Antinori. Un vino che ha rivoluzionato l’immagine del vino italiano nel mondo e che ha fatto da apripista a quel “Rinascimento” enologico che oggi è l’orgoglio del made in Italy.
Era il 1974, esattamente cinquant’anni fa, quando Piero Antinori e Giacomo Tachis presentarono al pubblico la prima annata, vendemmia 1971, del mitico Tignanello, un Sangiovese maturato in barrique e assemblato con le varietà internazionali Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc. Un vino che ha anticipato i tempi.
Una pietra miliare, un vino che ha tenuto a battesimo i famosi “SuperTuscan”
Pietra miliare dell’enologia italiana, Tignanello ha contribuito – dicevamo – alla rinascita del vino italiano. Un vino che rotto gli schemi e che è diventato punto di riferimento in Toscana, ma non solo, dando vita al quella linea produttiva ribattezzata con l’appellativo di “SuperTuscan”, il primo esempio dei “fine wine” italiani.
Per festeggiare la gloriosa storia del Tignanello, la famiglia marchesi Antinori ha dato al via alle celebrazioni in pompa magna con una degustazione di cinque annate rappresentative delle cinque decadi della Tenuta Tignanello, un viaggio nel cuore del Chianti Classico, nei luoghi che hanno dato origine a questo vino-mito e una suggestiva installazione di arte-esperienziale “Ars Una” firmata Felice Limosani che, per la prima volta nella sua storia, “anima” Palazzo Antinori a Firenze.
Il mecenatismo della famiglia Marchesi Antinori dal Trecento ad oggi
Lo storico anniversario si accompagna al contributo della famiglia Antinori al primo restauro conservativo di Ponte Vecchio, simbolo della “culla” del Rinascimento e d’Italia, nel solco della secolare tradizione di mecenatismo che, dal Trecento ad oggi,
ha legato la famiglia, da 26 generazioni, ai più grandi artisti italiani, di pari passo con la produzione di grandi vini (da quando, nel 1385,
Giovanni di Piero Antinori entrò a far parte dell’Arte Fiorentina dei Vinattieri), ma anche al paesaggio della Toscana, di un altro suo simbolo: la splendida collina della Tenuta Tignanello.
“A distanza di 50 anni, Tignanello non finisce mai di sorprendermi, annata dopo annata” ha sottolineato il marchese Piero Antinori che ha raccontato a WineNws gli aneddoti più belli legati a questo vino. Era seduto a fianco di Albiera Antinori, presidente della Marchesi Antinori, ad Allegra, Alessia Antinori e all’enologo amministratore delegato Renzo Cotarella.
Piero Antinori: “Un vino nato dall’intuizione dell’enologo Giacomo Tachis”
“Il Tignanello – ha esordito Piero Antinori – è nato da un’intuizione dell’enologo Giacomo Tachis con la “benedizione” del maestro del giornalismo enogastronomico italiano Luigi Veronelli.
Un vino a cui io e la mia famiglia siamo profondamente legati e che rappresenta per noi una sfida mai finita, l’ossessione a migliorarci, a porci sempre in discussione, a trovare margini qualitativi sempre più elevati.”
“Proprio pochi mesi fa, in occasione di questo anniversario, abbiamo reimpiantato l’ultima parte del vigneto della collina di Tignanello. Da oltre sei secoli la nostra famiglia ha un profondo legame con la città di Firenze, con il mondo del vino e con l’arte.
I 50 anni di Tignanello ci hanno dato l’opportunità per unire e rendere omaggio a questi tre elementi che ci stanno particolarmente a cuore, nel segno del Rinascimento, sia vitivinicolo, che artistico.”
La prima vendemmia (1971) vedeva la luce nel 1974
Tignanello nasce con la prima vendemmia del 1971 (sul mercato uscirà nel 1974) da 76.682 viti di un’antica vigna chiantigiana, detta Tignanello, situata a 390 metri sul livello del mare, su un terreno collinoso ricco di pietra calcarea (alberese) e di argilla (galestro), nella Tenuta ubicata nel cuore del Chianti Classico (57 ettari esposti a Sud-Ovest) che come il vigneto ha lo stesso nome.
Un vino concepito come il primo Sangiovese affinato in barrique, il primo vino rosso moderno assemblato con varietà non tradizionali (quali il Cabernet) e tra i primi vini rossi nel Chianti Classico a non usare uve bianche, prodotto con una selezione di Sangiovese e Cabernet.
Un bordolese con un inconfondibile tocco di italianità, meglio di toscanità. Ma il Tignanello è anche tra i primi vini a portare in etichetta il nome del suo vigneto.
Fuori da ogni disciplinare, rivoluzionario in tutto, ha aperto la strada anche al posizionamento in termini di valore del vino italiano sui mercati internazionali e nei desideri dei collezionisti. È una pietra miliare, un vino capace di rappresentare a pieno lo spirito del “Te Duce Proficio”, motto della famiglia Antinori che significa “Sotto la tua guida io procedo”.
Il contributo della famiglia Antinori per il restauro conservativo del Ponte Vecchio
Per le celebrazioni del cinquantesimo anniversario di Tignanello, la famiglia Marchesi Antinori, il marchio di vino italiano più ammirato nel mondo, ha deciso di affiancare il Comune di Firenze per il restauro conservativo di Ponte Vecchio,
primo intervento di questo tipo effettuato sulla imponente struttura che da secoli scavalca l’Arno, mentre Palazzo Antinori, la storica residenza di famiglia, dialogherà per la prima volta nella sua storia secolare con un’opera digitale di Felice Limosani, donando alla città un’ esperienza emozionante e contemplativa.
Su commissione di Antinori, l’artista ha reinterpretato le tecniche tradizionali di pittura paesaggistica e floreale utilizzando l’intelligenza artificiale e software generativi, creando ambientazioni surreali tra il figurativo e l’astratto, esaltando la maestosità della natura.
Trionfo di luci, colori e suoni sulla facciata del Palazzo Antinori a Firenze
L’opera, visibile sulla facciata e nella corte del Palazzo, trasforma le atmosfere del Chianti Classico in paesaggi onirici e giardini incantati.
La colonna sonora, composta dai suoni naturali di uccelli, cicale e grilli, evoca una dimensione sensoriale unica e immersiva.
“Ars Una”, nome dell’installazione, letteralmente significa un’unica arte o una sola arte, ovvero l’interconnessione di tutte le forme di conoscenza e abilità, enfatizzando l’unità, l’equilibrio e l’eccellenza.
Nella visione greco-romana, arte significava “fare bene le cose” come un ideale che trascende la semplice esecuzione tecnica, per abbracciare una filosofia di qualità, dedizione e miglioramento continuo.
Limosani ha creato un viaggio sensoriale riflettendo sulla necessità di unire le bellezze e le urgenze della natura e dell’umanità con lintelligenza artificiale, riconoscendo che ciascuna parte può contribuire a un insieme sostenibile per il futuro. La sinergia tra queste entità va oltre le unicità che rappresentano: insieme possono creare un’intelligenza universale.
In alto i calici. Prosit! (GIUSEPPE CASAGRANDE)
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