Giorgio Erioli ed il Consorzio Colli Bolognesi
Non è la prima volta che visitiamo i Colli Bolognesi, luoghi pieni di suggestioni e di sorprese. Avere in queste terre originali ed a volte misteriose, compagni di viaggio preparati e motivati fa la differenza.
L’appuntamento è presso la suggestiva sede del Consorzio di Tutela con il mega direttore Giacomo Savorini e la mitica Chiara che tutto vede e tutto risolve, questa volta non c’è il Presidente Antonio Cappelli preso da impegni istituzionali ma che ringraziamo per l’accoglienza data a GRASPO a Vinitaly dove abbiamo programmato questa visita.
Al Consorzio incontriamo Giorgio Erioli sicuramente l’uomo che meglio conosce la storia ampelografica di questo caratteristico comprensorio.
Non solo Alionza e Negrettino, varietà ormai messe in sicurezza e condivise con altri produttori lungimiranti del territorio, ma anche Ciocca, Cioccarella, Pellegrina e Forcella sono le antiche cultivar residuo dello storico patrimonio viticolo dei Colli Bolognesi che incontriamo da Giorgio Erioli a Bazzano (BO).
Vitigni storicamente coltivati su terreni di origine alluvionale posti sulla riva sinistra del torrente Samoggia composti da ciottoli, argilla, sabbia, limo fertile e ricchi di sali importanti quali il potassio e fosforo.
Istrionico, visionario e concreto Giorgio Erioli si ritiene un artigiano del vino, ma un artigiano che cesella progetti, vitigni e bottiglie alimentando questa sua personale sete di curiosità con la scrittura, la letteratura e la poesia guardando costantemente all’attualità ed interagendo ogni giorno con qualsiasi nuovo strumento di comunicazione.
Estro e motivazioni che da sempre accompagnano la sua particolare affezione per i vitigni storici di questo comprensorio come Pignoletto, Negretto ed Alionza testimoni vivi di una civiltà viticola fedele comunque alle sue radici anche se distratta nel tempo dalle suggestioni dei vitigni internazionali.
Giorgio racconta di aver sempre orientato la sua azienda verso la produzione di vini identitari ed eleganti fatti solo con metodologie naturali ed artigianali, quali l’inerbimento del terreno, l’utilizzo di poltiglia bordolese e zolfo nelle vigne, concimazioni naturali con letame, sovescio di favino e sangue di bue, con poca tecnologia in cantina utilizzando lieviti indigeni e con il minimo dei solfiti.
Poi sono le stagioni, la natura, la terra, la pioggia, la siccità, le avversità e la mano dell’uomo in vigna ed in cantina a delineare il carattere e lo stile dei vini.
La vite, spiega, dà il meglio di se nella sofferenza e nella privazione, esattamente come i grandi artisti o come la nazionale italiana di calcio.
Le vigne più belle sono quelle dove le viti mancanti sono più numerose dei ceppi produttivi, dove l’erba è alta quasi quanto un uomo e nel prato vivono alla grande insetti e fiori.
Erioli è stato uno dei primi a credere nelle potenzialità dell’Alionza dopo un lungo periodo di oblio, un interesse alimentato da Marisa Fontana ampelografa appassionata che spiega come il suo nome derivi dal latino leo e lonza” (lince) per la particolare caratteristica dei suoi grappoli maculati proprio come questo gatto selvatico. Le analisi genetiche hanno rivelato una interessante relazione di primo grado con la Garganega ed una certa affinità con il Trebbiano toscano.
Tra i suoi sinonimi troviamo Leonza, Alionga bianca, Glionza, Aleonza, Leonzia, Uva lonza e nel bolognese anche Uva Schiava. Non era altresì raro trovare piante di Alionza anche nelle vecchie piantate del Modenese, dell’Imolese e, talora, del Ravennate. Nel 1989 la varietà Alionza è stata iscritta al Registro Nazionale, proprio nel momento in cui il suo destino sembrava segnato con le superfici in calo continuo.
Nel 2000, in Emilia-Romagna, erano stati censiti 36 ettari di Alionza, che al Censimento 2010 erano già scesi a 7,19, per arrivare a 4,61 ettari nel 2021, sottolineando come questo vitigno fosse ad alto rischio di estinzione. Si tratta di varietà abbastanza vigorosa e con produzione non costante, spiega Erioli, in quanto condizioni climatiche avverse nella primavera possono favorire fenomeni di acinellatura.
Si adatta ad essere vinificata sia in purezza che con altri vitigni, per ottenere vini fermi e frizzanti di un certo interesse.Il bouquet è fine, intenso, solare con rimandi di frutta gialla polposa e una cornucopia senza fine di fiori, miele con sentori di mandorle e erbe aromatiche.
Al palato è sferzante, acida e galoppa su un registro che non si lascia imbrigliare tanto facilmente, ma ha tanta polpa e succosità da regalare.
Un vitigno che anche grazie all’intuito del suo custode Giorgio Erioli sta riscuotendo nuovo interesse con numeri oggi in costante, anche se limitata, crescita.
Il viaggio continua…..
Aldo Lorenzoni e Luigino Bertolazzi
Foto di Giorgio Erioli e Gianmarco Guarise
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Erioli Vini Di Malaguti Laura
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