Nasce a Bergamo in un ex convento il “cenacolo” di Veronelli
Il 15 maggio, a 20 anni dalla morte del padre della critica enogastronomica, poeta del vino e del cibo, ambasciatore del made in Italy, nonchè maestro di giornalismo, sarà inaugurato il “suo” luogo del cuore.
Amava ripetere: “La vita è troppo breve per bere vini cattivi”
Per chi volesse approfondire la figura di Veronelli consigliamo la lettura del bellissimo volume “La vita è troppo corta per bere vini cattivi” (Giunti editore). Non è una biografia, piuttosto un affresco sull’uomo Veronelli. Un giornalista? Sì, ma è riduttivo. Uno scrittore? Sicuramente. Un amante della buona tavola che si è ocupato di vini e di cibi? Certamente. Ma soprattutto un amante del “bien vivre” e un cantore straordinario della bellezza, della libertà, dell’amicizia, dell’amore, dell’eros. Un rivoluzionario? Come negarlo visto che ha cambiato il mondo dell’enogastronomia. Un politico? No. Lui, anarchico impenitente, aborriva i politici. Un filosofo? Sì, ma non saccente, nè cattedratico.
L’incontro all’Hotel Savoy di Londra con Carnacina e le due uova al burro
Una lezione di vita. Quel maître era Luigi Carnacina, il celeberrimo gastronomo con il quale in seguito lo stesso Veronelli collaborò per la stesura di uno dei più famosi manuali di cucina.
Il rapporto con il vino, la musica, le arti e le trasmissioni tv con Ave Ninchi
Il volume della Giunti si presenta in forma di libro-puzzle: sono frammenti, rigorosamente in ordine alfabetico (l’unica regola mai infranta da Veronelli: esiste l’alfabeto, è così semplice, così chiaro, così condiviso) e ricomponibili attraverso il suo rapporto speciale con il vino, la lettura, la scrittura, l’editoria, la musica, le arti, la filosofia. Libri, interventi, poesie, anagrammi, trasmissioni tv (con Mario Soldati, Gianni Brera e Ave Ninchi). Tutto questo è racchiuso in quest’opera monumentale. A Gian Arturo Rota e Nichi Stefi, accomunati dagli stessi ideali, va il merito di averci trasmesso un ritratto del Veronelli reale, egocentrico e generoso, puntiglioso e permissivo, istintivo e razionale. In una parola schietto come i vini che amava.
La rivoluzione culturale e le battaglie per il recupero dei vitigni autoctoni
Il vino italiano deve gran parte del proprio successo nel mondo alle sue intuizioni e alla rivoluzione culturale ed enologica di cui è stato lungimirante alfiere e tenace promotore. Gli effetti delle sue battaglie oggi sono ancora visibili a distanza di decenni. La teoria dei cru, l’elevazione in barrique «solo» dei grandi vini, la limitazione delle rese per ettaro, il recupero dei vitigni autoctoni, la vinificazione in loco, la classificazione dei vini con puntuali esami organolettici, la distillazione con alambicco discontinuo e secondo «monovitigno», le crociate sull’olio e sulle denominazioni comunali sono solo alcune delle guerre (con relative vittorie) condotte in cinquant’anni di attività. Portò in tribunale anche la Coca Cola perchè in etichetta non specificava gli ingredienti della bevanda.
Inventò un linguaggio: vino di pronta beva, vino dialettico, vino opulento
Dentro ogni bottiglia di vino – amava ripetere – dentro ogni prodotto tipico, nel lavoro di chi coltiva la terra e ne trasforma i prodotti, c’è una storia, c’è un territorio, ci sono paesaggi rurali, ma soprattutto ci sono uomini e comunità, con i loro saperi, le loro culture e loro identità. «Il peggior vino contadino è migliore del miglior vino industriale» amava ripetere quando assaggiava certi vini blasonatissimi, ma privi d’anima. Vini che descriveva con un linguaggio che è ormai entrato nella storia della critica enologica: vino di pronta beva, vino dialettico, vino dal nerbo viperino, vino opulento, vino da meditazione (riferito ai grandi vini passiti).
Amava esorcizzare la morte con gli amati “vini da meditazione”
Per esorcizzare la morte teneva sul comodino un Picolit (grande vino da meditazione) della leggendaria contessa friulana Giuseppina Perusini Antonini, proprietaria di Rocca Bernarda, morta all’età di 101 anni e un Porto Quinta de Resurressi del 1926 (sua data di nascita) che gli ricordava una notte d’amore con una splendida signora portoghese. Alla fine si è consolato con una bottiglia di «Scaccomatto» (Albana Passito della Fattoria Zerbina di Faenza). Siamo sicuri che se la sarà goduta a piccoli sorsi nell’ora del trapasso.
Il 15 maggio in un ex convento di Bergamo l’inaugurazione del luogo del cuore
Il Seminario Permante Veronelli e la leggendaria cantina del mitico Gino
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