La battaglia del grano continua
La sospensione dell’accordo tra Federazione Russa e Ucraina siglato grazie alla mediazione di FAO, Turchia e ONU è stato sancito in questi giorni.
Il Presidente Vladimir Putin ha deciso di non rinnovare la Black Sea Grain Initiative – Iniziativa del Grano del Mar Nero a causa dei bombardamenti effettuati in Crimea dalla Ucraina.
La Repubblica di Crimea è stata annessa alla Federazione Russa dopo un regolare referendum tenutosi il 16 Marzo 2014, ma non riconosciuto da molti paesi alleati degli USA.
L’ Ucraina ha annunciato che continuerà ad esportare il poco grano che riuscirà a raccogliere stante la guerra in corso tramite percorsi alternativi per ferrovia e a mezzo di camion.
Il mancato rinnovo dell’accordo sta già provocando una impennata dei listini a livello mondiale.
Le nazioni più povere sono quelle che subiranno le conseguenze più pesanti.
Quasi 400 milioni di persone ubicate soprattutto in Africa sono a rischio e possono essere spinte a migrazioni verso l’Europa con prima tappa l’Italia con tutte le conseguenze che purtroppo ne derivano.
Il Presidente Vladimir Putin si è dichiarato disposto a ripristinare subito l’accordo se la Federazione Russa potrà rientrare in tutti i circuiti bancari internazionali, potrà esportare i fertilizzanti che produce e beneficiare in pieno di tutte le facilitazioni per le esportazioni agricole previste dall’accordo.
Il segretario dell’ONU Antonio Guterres sostiene che milioni di persone subiranno le conseguenze di questa interruzione dell’accordo.
Vladimir Putin replica con dati che attestano che solo il 36 % dei carichi di grani e semi oleosi è arrivato alle nazioni più povere.
Ha dato piena disponibilità durante il recente vertice tenutosi a San Pietroburgo tra Federazione Russa e 46 nazioni africane per fornire 50.000 tonnellate di grani in particolare a Burkina Faso, Repubblica Centrafricana, Eritrea, Mali e Somalia.
La Repubblica Popolare CInese ha acquisito dalla Russia il 25 % di grani, soia, mais e olio di girasole partiti dai porti del Mar Nero. Il governo cinese auspica che l’accordo continui a funzionare.
La Turchia ha acquistato 3 milioni di tonnellate e paesi poveri quali Afghanistan, Etiopia, Somalia, Sudan e Yemen hanno ricevuto 730.000 tonnellate di grano e cereali.
L’ apertura del corridoio del Mar Nero aveva consentito di calmierare i prezzi e adesso si sta purtroppo verificando un aumento dei listini.
Per il momento questi aumenti sono contenuti ma già i prezzi della pasta sono in rialzo.
In molte città italiane i pacchi hanno superato i 2 euro al chilogrammo e il pane ha superato i 3 euro.
La città in cima alla lista dei rincari è Pescara, seguita da Genova, Cagliari e Macerata.
Prezzi migliori invece a Milano, Napoli, Palermo, Benevento e Cosenza.
Per tutelare la pasta e il grano italiano il governo ha deciso di istituire la CUN – Commissione Unica Nazionale per vigilare sui prezzi.
Il prezzo del grano duro è diminuito nell’ultimo anno da 560 a 330 euro a tonnellata e c’è il rischio che possa scendere ancora.
Sono mesi che il prezzo cala costantemente mentre la pasta sugli scaffali della GDO ha subito aumenti fino al 30 %.
Sono altresi aumentati i costi di produzione e con gli attuali prezzi di vendita gli agricoltori lavorano in perdita.
Il rischio è quello chw si verifichi un abbandono della produzione italiana di grani e di un aumento massiccio di importazioni dall’estero impoverendo così il nostro unico patrimonio granario.
Il grano è purtroppo l’emblema di quello che sta accadendo, e non da oggi, a tutte le eccellenze dela agricoltura italiana con il massiccio ricorso alle importazioni di prodotti non sempre salubri.
Questi prodotti costano molto meno perché provengono da nazioni nelle quali non sono in vigore rigide misure sanitarie, carichi fiscali e burocratici, costi di produzione e pastoie che mortificano il lavoro e i sacrifici degli agricoltori.
Umberto Faedi
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