Per inaugurare il calendario delle degustazioni 2023 Go Wine ha scelto la Puglia rendendo onore ad una delle regioni Italiane più produttive e scelta azzeccata visto il riscontro fornito dal pubblico in sala. Da sempre vocata alla viticoltura, negli ultimi anni questa regione ha saputo sviluppare una percorso di crescita catturando l’attenzione oltre che per i volumi quantitativi, anche per la qualità dei suoi vini.
Oggi l’idea che dà tutto il movimento vitivinicolo sul territorio è quella di cercare sempre di più un’affermazione identitaria, ed è questo che le aziende intervenute hanno portato in sala. Dietro ai banchi d’assaggio come sempre molti produttori a rappresentare le proprie cantine, con cui è stato possibile esaudire ogni curiosità rispetto a stili produttivi e caratteristiche pedoclimatiche dell’ambiente in cui questi vini prendono vita.
Quella viticoltura che una volta era identificata quasi esclusivamente in Primitivo e Negramaro oggi divide la scena anche con altri autoctoni come il Susumaniello, che sebbene sia stato sempre presente e legato più ad un consumo locale ha trovato nel tempo una sua dimensione più definita.
Una regione a vocazione “rossa” ma anche una tra quelle che riesce a dare dignità ai vini Rosa spesso vittime di casualità produttiva. La presenza dei bianchi era assicurata da Bombino Bianco, Malvasia Bianca e Verdeca, oltre che dalla Falanghina. Vitigni spesso impiegati in blend tra loro o con qualche internazionale e che, se anche raggiungono risultati apprezzabili nel loro insieme non rappresentano la ragion d’essere vitivinicola della Puglia.
Tornando ai rossi è proprio qui che si registrano i passi avanti più importanti, in quei vini che una volta erano tutti “pesantoni” e in cui l’elemento fruttato assumeva prevalentemente forme gustative di confettura e frutto grande, rosso e maturo. Dei “mangia e bevi” dotati di uno spessore alcolico elevato che in molti casi rendeva difficile abbassare il livello della bottiglia verso li fondo.
È proprio da questi vini che provengono le novità più importanti evidenziate dal focus di Go Wine. Infatti pur mantenendo strutture importanti e spalle larghe, questi rossi grazie al lavoro dei produttori hanno acquistato un dinamismo che ne facilita la beva, dovuta anche ad una migliore integrazione della componente alcolica che pur rimanendo importante risulta d’impatto minore.
Risultati ottenuti ponendo attenzione alle vinificazioni e sperimentando la risposta del singolo vitigno, anche con l’utilizzo di legni che nella maggior parte delle bottiglie assaggiate, non sono mai risultati invasivi.
Testimoni di questo percorso i vini di Tenuta Viglione di Santeramo in Colle (Ba) con il Susumaniello Morso, vitigno della tradizione popolare, fresco, di facile accesso nei suoi toni floreali e piacevolmente tannico. Poi con il Sellato, Primitivo Doc Gioia del Colle veramente accattivante nel sorso grazie all’equilibrio in cui tannino e morbidezze giocano in perfetto equilibrio. Sempre Primitivo per Il Marpione, Riserva Doc Gioia del Colle che rispetto al precedente aumenta in eleganza olfattiva e persistenza del sorso.
Ma il Legno non è affatto un prerequisito per raggiungere l’eleganza come dimostra Polvanera con il suo 16 Primitivo Doc Gioia del Colle, che nel nome non nasconde la sua propensione alcolica, dimostrando al contempo che questa non rappresenta un ostacolo per la grande qualità di una bottiglia che chiama ad una degustazione nemica della fretta.
Da assaporare anche fuori pasto, grazie alla grande finezza ed eleganza assicurata dalle note di mora matura e piccola frutta rossa seguita da floreale fresco e sfumature di spezie aromatiche e liquerizia, con sorso che risponde al palato e tannini di grande piacevolezza e lunghezza finale.
Da Polvanera anche il Rosè Brut metodo charmat ottenuto da uve Primitivo, vino dal naso di fragola e floreale che rimane elegante senza debordare in eccessi, così come il sorso dalla bolla non aggressiva e dagli accenni sapidi con freschezza che invita al sorso.
Tra i vini Rosa presente in sala anche un capostipite della tipologia, quel Five Roses di Leone de Castris sempre da uve prevalentemente Negroamaro, vino dalla storia che si perde ai tempi della II guerra mondiale e su cui generazioni di degustatori hanno fatto palestra, che ancora oggi rispetto ai tanti vini rosati dai colori e le intensità gustative improponibili si difende alla grande.
Sullo stesso banco anche il Salice Salentino Doc Riserva 50° Vendemmie, a base di uve Negroamaro con piccolo saldo di Malvasia Nera di Lecce, vino gustoso di morbido equilibrio e persistenza. Tornando ai Rosati era presente anche la Cantina Rivera e tra i suoi vini uno dei più apprezzati rosati pugliesi, il Pungirosa Bombino Nero Castel del Monte Docg che raccoglie spesso i consensi di guide e recensori, naso delicato di floreale e ciliegia a cui segue un sorso bilanciato e di grande freschezza e persistenza.
Infine ancora in rosso da segnalare il Selvarossa Salice Salentino Doc Riserva della Cantina due Palme grande realtà cooperativa locale. Sempre uve Negramaro con chiusura di Malvasia Nera, di buona complessità olfattiva tra spezie e sfumature balsamiche, con sorso importante sostenuto da una buona freschezza, accenno sapido e grande persistenza.
Bruno Fulco
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