Neretto, Vernassa picul rus, Croatina e Nebbiolo Picotendro Settimo Vittone
La storia delle piccole realtà è legata alle persone, e le persone di questo racconto sono Riccardo Prola e Bianca Seardo che dopo anni di lavoro come tecnico, il primo e come ricercatrice nel settore del paesaggio Bianca, hanno deciso di abbandonare la loro attività per ricominciare insieme.
Bianca e Riccardo sono coppia nella vita, una avventura nuova, a contatto con la natura, con l’obiettivo di recuperare il fondo agricolo di famiglia.
Siamo nel Canavese a Settimo Vittone, nell’anfiteatro di Ivrea a due passi dal forte di Bard, il punto più stretto della valle che passando dalla Valle d’Aosta porta in Francia.
Terra dura dove ogni pezzetto coltivabile è stato strappato alla montagna, con lavori di terrazzamento e costruzione di muri a secco che hanno dell’incredibile.
Il sistema di allevamento dominante è la pergola Canavese o meglio Toppia Canavese, con i suoi caratteristici sostegni in pietra di granito intonacata con calce(i Pilun).
La struttura orizzontale è fatto con legno di castagno tagliato nella luna adatta.
La pergola canavesana la costruivano e mettevano a dimora durante l’inverno gli uomini e la coltivavano in primavera estate le donne.
Erano famiglie numerose, il bisnonno di Riccardo aveva una famiglia di 18 tra figli e figlie. Durante la bella stagione i maschi si trasferivano in Francia a fare i muratori, mentre con l’inverno i giovani canavesi tornavano a casa e con mina e duro lavoro strappavano ogni anno un pezzo di terra alla montagna.
Sono opere che mostrano un’agricoltura rispettosa del territorio soprattutto alla tutela idraulica dei luoghi.
A Settimo Vittone, come in tutta la conca del Canavese, ogni terrazzamento ha un suo nome, e tutti insieme fanno da contorno alla via Francigena che passa proprio i mezzo alle caratteristiche pergole.
Il borgo di famiglia si trova in prossimità della Dora Baltea, qui la famiglia Prola da otto generazioni che produce vino.
I cognomi più importanti e diffusi erano Chiavenuto e Prola, la nonna di Riccardo era una Chaiavenuto.
La fillosserra intorno al 1850 devastò la zona, il nonno di Riccardo per ricostituire i vigneti dovette reperire le
marze in zone della Val d’Aosta risparmiate dal micidiale insetto.
È una viticoltura molto ricca in senso varietale, poco meno di venti varietà minori diffuse in modo casuale in mezzo ai vigneti.
Il Nebbiolo Picotendro una delle DOC più antiche, che aveva allora una superficie complessiva di 60 ettari, ora la superficie si è ridotta a 30 ettari, ma si notano però incoraggianti segno di recupero delle superfici.
Riccardo oltre che al recupero dei suoi terrazzamenti e della storica cascina del canavese ci tiene a parlarci di un industriale le cui opere rasentano il mito, Adriano Olivetti il quale aveva scelto di non far lavorare in fabbrica i suoi operai di sabato, in questo modo potevano curare i loro minuscoli appezzamento di terra.
Per Adriano Olivetti l’economia industriale non poteva essere in contrasto con la salvaguardia del territorio e delle sue produzioni, una visione della sostenibilità in chiave industriale sociale e ambientale.
È per sua iniziativa che trovano i mezzi per essere fondate realtà cooperative come a Biverone e a Carema.
I terrazzamenti vitati di Riccardo e Bianca, sono rigorosamente a pergola Canavese.
È una esperienza unica, con muri di sostegno alti fino a sette metri dove in alcun massi usati si vede ancora il foro della mina.
La cantina è un luogo semplice ed essenziale, dove seguono il concetto della minima enologia.
In un locale attiguo ai serbatoi di vinificazione e al legno di affinamento troviamo un raro torchio meccanico a gabbia rotonda, data la dimensione è ipotizzabile sia stato il centro di pigiatura dell’intera comunità.
Ma la sorpresa che non ti aspetti si trova vicina, in un locale spostato rispetto alla cantina attuale, li troviamo perfettamente integro e curato un rarissimo esempio di torchio di Catone del primo secolo avanti Cristo, la prova della antica vocazione viti-vinicola del Canavese.
Il passaggio successivo è nella zona accoglienza al piano primo di una tipica cascina Canavese, Riccardo ci parla delle varietà che sono presenti nel suo vigneto come il Neretto gentile, Il Nebbiolo, la Barbera, la Vernassa Picul rus, il Chatus, la Croatina e l’Uva Rara insieme ad altre varietà fra le quali una completamente sconosciuta in osservazione a Grinzane Cavour al CNR dove opera Anna Schneider, una fra le più titolate ampelografe nel mondo.
La filosofia enologica di Riccardo è che solo con la massima qualità delle uve si possono produrre vini di alta gamma, questa è la regola aurea di cantina Figliej .
Con tutte le varietà disseminate nel vigneto, come era in uso nel vigneto contadino di una volta, produce un rosso di eccellente qualità il Chemp, affinato in acciaio per due anni e fermentato con lieviti indigeni, un vino di grande freschezza estremamente gradevole ed espressivo di grande eleganza e persistenza.
Ma tutta la voglia del cambiamento emerge nel suo vino di elezione il Toppia, parliamo di Nebbiolo Picotendro in purezza.
La selezione delle uve fatta da Riccardo e Bianca è estrema, solo i grappoli migliori totalmente sani e maturi entrano nella produzione di questo vino.
Ne segue in cantina una meticolosa pulizia in tutte le fasi enologiche dei recipienti ed una lenta e controllata fermentazione spontanea, un affinamento in legno per un anno con un ulteriore riposo di un anno dopo l’imbottigliamento.
Il risultato già dalla prima produzione è notevole in qualità.
Il colore è di un bel rosso rubino, con un profumo fine, fruttato e floreale di ottima persistenza, in bocca la trama tannica si esprime al meglio con un gusto bilanciato ricco e armonico.
Due vini nei quali la cura e la passione si sintetizzano nel loro motto, elogio alla lentezza : “dare il tempo al vino”.
Il viaggio continua….
Aldo Lorenzoni e Luigino Bertolazzi
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Figliej – Settimo Vittone (TO) – via Figliei, 11 –
348/8869770 – 347/8373778 – www.facebook.com/Figliejvino
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