“Bastardi in culla” a villa Pisani a Lonigo
Con Giovanni Ponchia ed Elisa Orrico del Consorzio vini Colli Berici e Vicenza
Salvare i vecchi vitigni dall’oblio, rintracciarli raccogliere le uve, microvinificarli, per cogliere espressioni che al nostro gusto moderno e raffinato sono ormai dimenticate.
Con questo spirito Graspo ha presentato il suo lavoro su alcuni vitigni ritrovati in vigneti ancestrali dei Colli Berici e figli dell’ultima vendemmia, chiamati ”bastardi in culla” presso la sede del Consorzio dei Vini Colli Berici e Vicenza.
Numerosissimi i produttori e gli operatori presso la sede del consorzio dei Vini Vicenza. Diciotto i vitigni presentati, partendo dalla Moschina, che appartiene alla famiglia dei Trebbiani, probabilmente originata da mutazione, significa che non è simile a nessuno dei tanti figli di questa grande famiglia.
Il suo grappolo è di medie dimensioni ed è molto spargolo.
Il vino è fresco leggermente fruttato con una presenza acida importante ed un finale di gusto sapido amarognolo.
A seguire la Dorona, la regina per definizione delle uve venete, il vino è fruttato ampio al gusto piuttosto complesso di buona persistenza.
Si continua con un’uva sempre presente nei filari pre-filosserici: la Vernanzina che geneticamente è assimilata alla Bianchetta Trevigiana, la sua è un’ottima beva con quel suo sapore fresco e ammandorlato e un bel colore giallo quasi dorato.
Ecco poi la Pedevenda, un vitigno dall’origini incerta.
Si tratta di un vino di ottima struttura, freschezza acida e piacevolezza. Dai Colli Berici alla Lessinia da dove arriva in assoluta anteprima mondiale la Saccola Bianca, che è una scoperta di Graspo.
Sconosciuta geneticamente, è comunque figlia della montagna, scoperta a Crespadoro sui Lessini vicentini.
Al gusto mostra una grande componente acida , il suo colore è bianco verdolino, buone le prospettive in chiave spumante anche metodo classico.
Ma è subito ora di Romagna un vitigno recuperato l’Uva Longanesi, che è una mitica uva di Bagnacavallo, il suo vino è stato molto amato da Luigi Veronelli che coniò il termine ancora in uso di “Burson di Burson”.
È ’amico Francesco Turri in veste di produttore a portarcela.
Abbiamo deciso in questo caso di tentare la strada della vinificazione in bianco, il prodotto in questa prima battuta è molto piaciuto, e a parer nostro nelle sue corde c’è un buon metodo classico rosè.
Segue poi una quaterna di uve sicuramente a matrice Berica, alcune molto legate geneticamente tra loro.
L’Uva Gatta ha un colore rosso rubino, un nota di mora e ribes, un gusto ancora da smussare ma di buona tenuta e persistenza.
La Gambugliana, e figlia assieme al Fuligno Rosso dell’Uva Gatta, è una varietà che trovavamo presente anche nelle vicine Soave e Monteforte.
Dà un vino rosso rubino, di discreta struttura che potrebbe diventare un interessante rosato.
La Cenerente, figlia della Gambugliana, deve il suo nome all’abbondante pruina presente sui suoi acini , produce un vino molto interessante per la sua nota fruttata e per la sua lunga piacevole sensazione finale.
Colore e struttura sono invece nelle corde della Pomella, anche complice l’annata che ha limitato le rese per ettaro il prodotto che abbiamo ottenuto è colorato fruttato e con una trama tannica e con una struttura da tenere in forte considerazione.
A seguire il Groppello vino piacevolissimo anche se la sua superficie coltivata si è ormai ristretta a pochi ettari, un vero peccato.
Un vino che noi di Graspo amiamo particolarmene è la Pontedara che quest’anno abbiamo raccolto da due vigne da muro centenarie.
Se ne ottiene un vino importante ben strutturato piacevole al profumo e al gusto, con una potenzailità enologica a nostro avviso notevole. La Pontedara è sconosciuta al registro internazionale del DNA.
Sempre dall’alta Lessinia Vicentina arriva la Saccola alias Pavana , che si presenta con un corpo non troppo pronunciato ma una acidità di altri tempi, intrigante all’olfatto.
Si chiude con la Cavrara e la Corbina, qui abbiamo optato per un appassimento di ambedue le varietà per 25 giorni.
Il risultato è stato sorprendente, positivo la Cavrara ha assunto un colore imponente arricchendosi al gusto esaltando la sua naturale vivacità (Garbina).
La Corbina si è trasformata in un vino quasi da meditazione, il residuo zuccherino mantenuto, assieme alla sua struttura tannica ci hanno dato come risultato un prodotto importante dalle grandi aspettative.
Lonigo è però il territorio di elezione di un’altra varietà quasi perduta che non poteva mancare in questa degustazione.
La Leonicena è stata apprezzata per la sua spalla acida e per una buona espressione ammandorlata.
Questa uva ha una buona tolleranza alla Flavescenza dorata, male datato ma ancora pericolosamente in auge.
Un particolare ringraziamento va ai produttori e custodi che hanno avuto fiducia in Graspo. Matteo Bedin viti-vini coltore in Brendola che della conservazione varietale ha tratto motivi di soddisfazione personale ed aziendale, con le famiglie Consolaro e Roncari di Crespadoro in valle del Chiampo, per la collaborazione sempre attiva e cordiale.
Il CREA di Conegliano, che ha eseguito le analisi del DNA, ed alla dott.ssa Manna Crespan che ha creduto al nostro progetta.
Siccome i progetti si muovono con gli uomini va ricordata la lungimiranza dei soci fondatori in primis Aldo Lorenzoni con Luigino Bertolazzi, Giuseppe Carcereri, Antonio Tobin, Daniele Dal Cerè, Giuseppe Casella, Antonio Tebaldi e Gianmarco Guarire il fotografo ufficiale di Graspo
Il viaggio continua…..
Aldo Lorenzoni e Luigino Bertolazzi
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