Nella sede abituale della Città dell’Altra Economia si è svolto il consueto evento autunnale dei Vignaioli Artigiani Naturali ormai irrinunciabile per gli amanti del genere. Certamente non è l’unica associazione in cui si riconoscono e si raggruppano i produttori della viticoltura naturale e ben lungi dal voler essere “esclusivista” nell’interpretare i contenuti di questo genere, però per la costanza con cui ripropone annualmente i suoi appuntamenti, il VAN sulla piazza romana rappresenta un valido punto di riferimento per comprendere come si evolve il mondo dei vini naturali.
Girando per i banchi d’assaggio di anno in anno la sensazione che i vini naturali non siano “la trovata del momento” appare sempre più marcata. Tanto è vero che anche le associazioni del mondo enoico se ne stanno pian piano rendendo conto, ad esempio la sezione romana dell’Onav che ha appena messo in calendario un corso dedicato ai vini naturali.
Ben diversa l’atmosfera da quella delle prime edizioni, grazie anche agli atteggiamenti dei produttori non più talebani ma aperti alla discussione e al confronto in campo aperto senza darsi le arie dei detentori di verità assolute.
Insieme a loro è cresciuta anche la consapevolezza del pubblico di riferimento, ora focalizzato solamente sulla qualità dei vini e su cui le “storielle” fanno poca presa quando il vino non è buono. Questa crescita di tutte le componenti si riflette nei vini ed è quello che è emerso nella tre giorni.
Degli assaggi effettuati in sala pochissime eccezioni sono state quelle deludenti sotto il punto di vista della degustazione, proposti da parte di alcuni produttori che evidentemente preferiscono ancora dedicarsi alla ricerca dell’etichetta alternativa anziché alla pulizia dei loro vini.
Per quasi tutti equilibrio ed autenticità dei contenuti sono stati la caratteristica comune e tra questi tante conferme e alcune new entry all’altezza. Qualche esempio non esaustivo del livello qualitativo tra i veterani della manifestazione si può individuare certamente nella Calabria di Tenuta del Conte, che tra gli assaggi proponeva “Mani Contadine” rosato da uve Gaglioppo di impatto accattivante grazie ai profumi di delicato frutto maturo ed erbe di campo, ma soprattutto al sorso di gusto estremo per intensità, ricchezza e arricchito dalla venatura sapida che lo trascina in lunghezza.
Altra presenza abituale quella di DS Bio e dei suoi apprezzatissimi vini. Un rappresentante della nuova era qualitativa dei vini del Lazio tra i quali certamente si piazza “Arcaro” delicato nei profumi di erbe aromatiche, spezie dolci e gustoso nel sorso pieno, ricco e di buona persistenza. Prodotto da uve Maturano un vitigno recuperato a dimostrazione dell’importanza della viticoltura naturale, che ricercando l’aderenza identitaria quando possibile riporta in vita varietà altrimenti destinate all’oblio.
Tra le novità l’Azienda Siciliana Antonio Gherardi che nei suoi vini in assaggio rende evidente il concetto di vino del territorio grazie al filo conduttore che attraversa la degustazione di tutta la produzione presentata. Dall’ancestrale ai due grillo i vini sono caratterizzati dalla nota minerale (nella corretta accezione del termine) che ne rivela l’inconfondibile “fratellanza”, tra cui il macerato “Cà Scorcia” che rispetto al primo grillo cede qualcosa alla freschezza dei profumi per dedicarsi alle note di erbe essiccate ed al sorso di spessore che si allunga nel finale.
Altro grande esordio è stato quello dei vini di Azienda Agricola Claudio Plessi da Castelnuovo Rangone nel modenese, con la sua batteria di autoctoni tra Ruggine e varietà di Lambrusco al di fuori delle più note, in un notevole lavoro di recupero.
Importante soprattutto per il fatto che il valore di questa operazione non è stato fine a se stesso ma ha saputo restituire il gusto assoluto di ancestrali come il Tarbianein, da Trebbiano di Spagna, il Lambruscaun, da uve Lambrusco del Pellegrino o di Fiorano e il Craviulèin da uve Festasio, così come anche per i fermi tipo il Tarbian, bianco da uve Trebbiano modenese e i rossi Caveriol da uve Festasio e Sgavàta da uve omonime. Ventaglio di vini che porta subito nel clima della festa e invoglia l’immediato abbinamento alla ricchezza dei cibi del territorio.
Bruno Fulco
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