Ma che bontà il sidro di mele della Val di Non. Prosit!
A Tres (Predaia) nel regno di Melinda Lucia Maria Melchiori ha creato con il marito Alberto Corazzolla e il figlio Matteo un piccolo impero legato al mondo di Sua Maestà la mela di montagna.
In alcune località del Trentino Alto Adige, del Veneto, del Piemonte e della Valtellina è iniziata la raccolta delle mele precoci, Royal Gala in particolare. Una raccolta anticipata, al pari della vendemmia, in seguito ai ben noti cambiamenti climatici.
Anche in Val di Non è cominciato il conto alla rovescia. In attesa del via ufficiale, a settembre, invitiamo gli amici buongustrai a seguirci in questo nostro itinerario alla scoperta, nel regno di Melinda, di un prodotto particolare, figlio del “frutto proibito”: il sidro.
E allora benvenuti a Tres, località di poche anime sull’altopiano della Predaia ormai famosa in tutto il mondo grazie ad una imprenditrice lungimirante, Lucia Maria Melchiori, che agli inizi degli anni Novanta, con il marito Alberto e il figlio Matteo ha creato un piccolo impero legato al mondo delle mele.
Mele di montagna (da Sua Maestà la Renetta alle Golden, dalla Granny Smith alla Pink Lady, dalla Royal Gala alla Jonagold) croccanti e saporite, che vengono trasformate ancora fresche ed intere, senza conservanti, additivi e zuccheri aggiunti, in autentici peccati di gola: dai succhi agli sciroppi, dagli aceti al sidro. Ed è proprio di quest’ultima bevanda, di origine antichisima, poco conosciuta e valorizzata in Italia, che oggi intendiamo parlare.
Il sidro in Italia sopravvive in poche realtà dell’arco alpino
“Sidro” in italiano, “cidre” in francese, “cider” in inglese, “Apfelwein” in tedesco, “sidra” (rigorosamente al
femminile) in spagnolo.
In Italia, terra del vino per antonomasia, l’antica bevanda popolare ottenuta dalla fermentazione del succo di mela, un tempo era molto diffusa soprattutto al Nord (Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte), ma poi è andata scomparendo durante il periodo della dittatura fascista a causa di una norma che vietava la produzione industriale di bevande spiritose al di sotto dei 7 gradi alcolici.
Tale provvedimento aveva lo scopo di incentivare il consumo del vino. Risultato: la scomparsa quasi totale della produzione di questa bevanda che ormai sopravvive solo in poche realtà dell’arco alpino.
In Spagna il simpatico rito dell'”escanciar” la sidra nel bicchiere
Poc’anzi parlavo della “sidra”, una bevanda moderatamente alcolica che amo da quando in occasione delle mie frequenti trasferte enogastronomiche in Spagna, in particolare nelle Asturie, in Cantabria, nei Paesi Baschi, in Galizia, mi lascio trascinare dal rito del “tapear”, una sorta di processione laica, di bar in bar, dove sui banconi troneggiano le “tapas” o “pinchos”, peccaminosi stuzzichini da accompagnare con la sidra che i camerieri versano nel bicchiere dall’alto secondo un antico rituale e una tecnica dal nome emblematico “escanciar”. L’impatto sul bicchiere – a detta degli esperti – serve a stimolare l’anidride carbonica che si sviluppa durante la fermentazione delle mele. In pratica senza questo gesto dall’alto, la sidra perderebbe tutto il suo sapore.
Il sidro vanta origini antichissime: dagli ebrei ai popoli celtici
In Europa il sidro vanta molti estimatori tra i buongustai, in particolare in Spagna, dove in molti ristoranti la “sidra” viene proposta come alternativa al vino e alla birra, in Francia (Bretagna, Normandia, Loira, Savoia), in Inghilterra, in Germania. Ma è apprezzato anche in Russia, in Canada, negli Stati Uniti, in Asia, Nuova Zelanda, Australia, Sudafrica.
Gli storici si sono chiesti dove e quando questa antica bevanda è apparsa per la prima volta. Una cosa è certa: la sua origine è sicuramente antichissima. La Bibbia documenta, infatti, come gli ebrei (2.800 avanti Cristo) amassero mescolare il miele con il sidro. Nel Nord Europa, invece, il sidro era, assieme alla birra (la “cervogia”), l’unica bevanda alcolica fermentata, bevanda che si diffuse ben presto, soprattutto tra le popolazioni celtiche, al punto che le ricette per la produzione del sidro erano gelosamente custodite dai sacerdoti druidi. E lo stesso dicasi delle Abbazie che, nel Medioevo, incentivarono la coltivazione delle mele proprio per ricavarne la preziosa bevanda. Persino Dom Pierre Pérignon, il monaco benedettino cui è attribuita la nascita dello Champagne, nel 1683 si sarebbe ispirato alla produzione sperimentale di un sidro addizionato di saccarosio per ottenere le bollicine più famose del mondo.
Lucia Maria Melchiori, la reginetta trentina del sidro
Ma veniamo ai giorni nostri. Da qualche anno il sidro sta vivendo un vero e proprio Rinascimento anche in Italia
grazie soprattutto ad alcuni imprenditori nostalgici della Valle d’Aosta, del Cuneese, della Carnia, della Valtellina, della Val di Non. In Trentino il merito di aver riscoperto e lanciato questa antica bevanda è di una donna vulcanica, Lucia Maria Melchiori, ribattezzata la reginetta del sidro, dei succhi di mela, degli aceti balsamici, dei distillati e della birra artigianale. Con i consigli del marito Alberto Corazzolla e con l’entusiasmo del figlio Matteo, il “cidermaker” dell’azienda, a Tres ha creato un’azienda modello dotata delle più moderne tecnologie, che trasforma le mele del Trentino-Alto Adige rigorosamente selezionate in una gamma di prodotti certificati bio a livello europeo: succo di mele (meglio “spremuta” di mele come recita l’etichetta, una bontà), “fior” di mela con lo zenzero, con il bergamotto, con la pera, con il mirtillo, con la carota, con il sambuco. Ed ancora: aceti di mela, aceti aromatizzati, aceti dietetici da bere, sciroppi, sidro in più versioni. Tutti prodotti che hanno ottenuto la certificazione “Kosher” in conformità alla legge ebraica e la certificazione “Halal” secondo i dettami delle leggi islamiche.
Dal piccolo negozio di alimentari nel 1994 nasce la Sidreria
Per anni Lucia Maria Melchiori e il marito Alberto Corazzolla, l’ultimo sindaco di Tres prima della fusione nella nuova realtà amministrativa di Predaia, avevano gestito il piccolo negozio di generi alimentari dei genitori. “Avendo notato – confessano – che stava aumentando il consumo di aceto di mela, in prevalenza di provenienza straniera, ci siamo detti: perchè non proviamo anche noi che viviamo in mezzo alle mele a fare questo aceto?”. Detto fatto, dopo le prime prove nel garage di casa, Alberto e Lucia Maria hanno affittato un piccolo capannone dove con alcuni macchinari artigianali hanno cominciato a spremere le mele. Era il 1994. Doveva essere un hobby, una sorta di dopolavoro. Ma il successo fu tale che quattro anni dopo furono costretti a trasferirsi in una nuova sede, più ampia e funzionale, poi successivamente ampliata in seguito alle pressanti richieste di un mercato che chiedeva nuovi prodotti, non solo per l’aceto di mele e per il balsamico, ma anche per i succhi, gli sciroppi e per il sidro, tutti prodotti ottenuti da mele coltivate in Val di Non da seimila famiglie, oltre che in altre vallate del Trentino e dell’Alto Adige seguendo le direttive e le certificazioni bio europee.
Succhi, aceti di mela, sidro e birre: boom di richieste anche all’estero
“Per essere certi della qualità della frutta che trasformiamo in azienda – sottolineano i titolari – effettuiamo visite periodiche di controllo presso i produttori e una serie di analisi a campione. Solo così possiamo assicurare ai nostri clienti la genuità del prodotto”. Attualmente il mercato di riferimento della famiglia Melchiori è quello italiano (Ho.Re.Ca. e Grande Distribuzione Organizzata), ma è in crescita anche l’export.
“Per quanto riguarda il sidro, in particolare – racconta il “cidermaker” Matteo – stiamo assistendo ad un vero e proprio boom. Lo notiamo anche nel nostro ristorante annesso alla Sidreria e inaugurato nel 2014″. Il sidro è una bevanda moderatamente alcolica poco nota in Italia (i produttori sono pochi), ma il suo consumo comincia a fare breccia soprattutto tra i giovani. “Il nostro sidro è molto apprezzato nel Regno Unito, ma scommettiamo anche sul mercato degli Stati Uniti, del Giappone e persino dell’Australia” confessano con un pizzico di giustificato orgoglio Alberto, Lucia Maria e il figlio Matteo che, oltre al sidro, settore sempre più importante per l’azienda assieme ai succhi, si diverte a produrre anche alcune birre artigianali non filtrate: la Predaia, la Bionda Trentina Hell, la Weizen Trentina, la Pura gluten free, la Bianca Trentina Blanche, la Rossa Trentina Pale Ale, la Brusca Ipa, la Tovel Lake Pilsner, la Pombier Apple Rader, la Cherubina. Una birra quest’ultima prodotta con malto trentino e luppolo della Val di Non che la famiglia ha voluto dedicare alla nonna, donna d’altri tempi che amava le bellezze del creato e le cose semplici che Madre Natura ci regala: le bacche, le erbe aromatiche, i funghi, i cereali, la frutta antica.
Nella versione tradizionale il sidro ricorda la tecnica spumantistica del Prosecco
Il sidro (nella versione tradizionale o aromatizzata ai mirtilli, al sambuco, allo zenzero) è prodotto con il metodo ancestrale “sur lie” della rifermentazione in bottiglia o in autoclave con il metodo Charmat-Martinotti seguendo le tecniche spumantistiche che ricordano la lavorazione del Prosecco (da qui la scelta iniziale di affidarsi come consulente a Loris Dall’Acqua, enologo di Col Vetoraz, la pluripremiata azienda agricola di Santo Stefano di Valdobbiadene).
Il risultato è una bevanda piacevolissima, fresca, leggermente frizzante, di media gradazione alcolica, dal profumo inebriante e dal sapore fruttato. Ottimo come aperitivo, il sidro è gradevolissimo anche a tavola per accompagnare antipasti, primi piatti, ma anche pietanze più impegnative. Fuori pasto va bevuto freddo (temperatura consigliata 8 gradi) ed è ideale anche come «spritz» con lo sciroppo di sambuco e alcune foglioline di menta o con il gin o altri sciroppi.
Il sidro Melchiori è prodotto con un lievito autoctono di fiori di melo
Con l’ingresso in azienda del figlio Matteo la Sidreria Melchiori ha investito molto in ricerca e sviluppo valorizzando il prodotto con l’installazione di nuove tecnologie in cantina: alcune autoclavi da 100 ettolitri e una moderna linea di imbottigliamento che consentono di migliorare la qualità e l’eleganza del prodotto. Oggi l’azienda dà lavoro a trenta persone e produce oltre 6 milioni di bottiglie (un milione e 200 mila di sidro) oltre ai bag in box.
L’ultima chicca è la scoperta di un lievito autoctono ottenuto dopo una ricerca condotta da Paola Sicher sui fiori di melo e che consente di valorizzare ancor più la territorialità di cui va fiera (giustamente) la famiglia Melchiori. Trovato nei pressi del lago di Santa Giustina il lievito, ribattezzato LuciaPaola, viene utilizzato per tutte le produzioni di sidro. Di qualche giorno fa, infine, è la presentazione da parte del “cidermaker” Matteo di due nuove tipologie di sidro rifermentato in bottiglia: una Cuvée metodo classico di mele autunnali e un sidro metodo ancestrale monovarietale di Renetta del Canada. La scorsa settimana ho assaggiato entrambi al Ristorante Sidreria Melchiori con un tagliere di affettati, formaggi e con i classici “tortei” di patate tipici della Val di Non. Chapeau sia per il sidro (proposto in due vdersioni anche alla spina) sia per i “tortei”.
Prestigioso riconoscimento al “Festival della sidra” di Gijon nelle Asturie
Qualche anno fa alla “Exposición internacional de la Sidra natural” di Gijon, città bohémien sulla costa atlantica del principato delle Asturie, famosa per i monumentali alberi creati con migliaia di bottiglie di sidro (Gijon è una delle tappe obbligate quando mi reco nella vicinissima Villaviciosa, capitale spagnola di questa bevanda), Lucia Maria Melchiori ha sbaragliato il campo imponendosi come il miglior sidro del mondo nei confronti di analoghe bevande presentate dai produttori di altri Paesi, Spagna compresa naturalmente. Un motivo d’orgoglio per il Trentino e per la Valle di Non. Prosit. (Giuseppe Casagrande)
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