La battaglia del grano tra verità e menzogne
Il conflitto in corso tra Federazione Russa e Ucraina sta creando conseguenze perniciose per le economie mondiali da più di tre mesi.
Molte notizie e informazioni correlate sono distorte a seconda degli interessi, prevalentemente economici, che ruotano intorno e dentro la guerra.
Le frottole più grosse riguardano gli aumenti di materie prime, trasporti, bollette, affitti e carburanti che sono iniziati prima della fine del 2021.
Una delle menzogne più grandi e sulle quali si concentrano servizi televisivi e articoli di giornali, media e riviste è quella che concerne il grano ucraino.
L’Ucraina non è il granaio del mondo.
I dati della FAO – Food and Agriculture Organisation ossia Organizzazione Mondiale del Cibo e della Agricoltura mettono la Repubblica Popolare Cinese al primo posto fra i paesi produttori con 134 milioni di tonnellate di grano.
Al secondo posto troviamo l’India con 107 milioni e poi la Federazione Russa con 86.
A seguire Stati Uniti con 50 e Canada con 35 milioni di tonnellate di grano spesso trattato con il glifosato.
E non è neppure il granaio d’Europa.
La Francia con i suoi 30 milioni di tonnellate precede l’Ucraina ferma a 25.
Altri produttori sono il Pakistan con 27 milioni, Germania 22, Turchia 20 e Argentina poco meno di 19.
E l’Italia?
La media annuale di produzione è di 7 milioni di tonnellate che corrisponde al 50 % del fabbisogno.
La produzione nazionale insufficiente di grano duro e tenero costringe ad acquistarne soprattutto da Stati Uniti e Canada.
Altrimenti il prodotto italiano sarebbe sufficiente alle industrie molitorie per soli 5 mesi di produzione.
È quindi assai arduo affermare che la crisi alimentare e una eventuale carestia che per prima colpirebbe l’Africa dipenda dal grano ucraino.
I dati di produzione della FAO parlano molto chiaro.
Il prezzo in rialzo del grano nelle borse merci non dipende nemmeno dal blocco del porto di Odessa minato dagli ucraini.
Ed è utile sapere che i due terzi di tutte le sementi mondiali sono distribuite da quattro gruppi e nessuno di questi è controllato dalla Federazione Russa.
Gli speculatori hanno necessità di creare allarmismo e panico per fare aumentare i prezzi e dare la colpa a Putin e alla Federazione Russa anche se piove.
Molti i tentativi di mediazione messi in atto in questi giorni da vari capi di stato per consentire la partenza dei 22 milioni di tonnellate contenute nei silos del porto.
Putin si è detto disponibile a bonificare le acque prospicienti e a far partire le navi.
In cambio chiede il ritiro delle sanzioni europee.
La trattativa è difficile ma si deve intavolare.
La situazione è critica soprattutto in Africa e sta peggiorando in Asia.
Molte nazioni come l’Egitto dipendono al 100 % dalle importazioni di grani non avendo produzioni proprie.
Umberto Faedi
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