È notorio che mai come di fronte al cibo tutti i nostri cinque sensi vengono chiamati in causa assieme: udito, vista, olfatto, tatto, gusto.
Li ho elencati in quest’ordine, perché è l’ordine in cui si attivano e che stimolano, uno dopo l’altro, il nostro appagamento a tavola.
L’udito, di solito, viene sottovalutato se non addirittura ignorato, ma è il primo nella graduatoria in cui i sensi vengono coinvolti.
Non è forse vero che, in attesa dell’ora dei pasti, il rumore sia delle stoviglie smosse in preparazione della tavola sia dei mestoli girati nelle pentole segnala che il momento è prossimo?
E già lo stomaco comincia a produrre gli enzimi della digestione.
Come resistere impassibili, allo sfrigolio dell’olio nella casseruola non appena ci appoggiamo dentro la nostra bistecca?
Non per niente a tante persone, durante le lunghe restrizioni del lock down pandemico, è mancato il tintinnio delle tazzine dei bar. Un caffè in un bicchierino di carta servito sulla porta non ha mai avuto lo stesso sapore che bevuto in una tazzina all’interno, frastornati anche dallo sbattere del filtri nel piatto di discarico.
La vista.
Il colpo d’occhio sulla tavola ben arredata, con le posate giuste al posto giusto, con i bicchieri giusti, ossia come si dice in gergo, una perfetta “mise en place”, diventa la seconda impressione.
L’osservazione è sicuramente esercitata dai patiti per le formalità.
In una cena a due il colpo d’occhio conta moltissimo: quale donna rimane insensibile a vedere una manciata di petali di rosa sparsi sulla tovaglia, nell’occasione di una ricorrenza o nel primo invito di un serio corteggiatore?
Ma questo nostro senso, la vista, in tavola, si attiva soprattutto al cospetto del piatto servito, poiché – in concomitanza con l’olfatto – ci predispone all’assaggio, all’assaporamento, all’appagamento delle aspettative.
Quante volte abbiamo esclamato “che buono” solo per aver ammirato la composizione del piatto?
L’olfatto segue nell’immediatezza.
Alle volte può succedere che venga ad essere la prima percezione dei nostri sensi, per esempio quando entriamo da ospiti in casa d’altri, facendoci indovinare le pietanze che ci verranno offerte.
O, altresì, in un ristorante, tanto che ci può venire istintivo orientarci verso un menù di carne piuttosto che di pesce.
Nel momento in cui arriva il piatto, tante persone annusano la pietanza.
Alcuni lo fanno d’istinto, forse per reminescenza infantile o per semplice indole primordiale.
Altri, per manifestare agli astanti la propria competenza nel riconoscere gli ingredienti segreti.
Con l’olfatto, gli intenditori di vino si cimentano ad esaltare le qualità del liquido nel bicchiere, prima di berlo.
Più problematico è esercitare il senso del tatto.
Non si tocca il cibo con le mani, ce lo insegnano da piccoli, si usano le posate.
Quando cresciamo e partecipiamo a rinfreschi, ci troviamo davanti a vassoi con stuzzichini che non sappiamo neanche come prenderli, e per non toccarli con le mani ci destreggiamo con una salviettina.
L’invenzione delle posate è stato senza dubbio un progresso dal punto di vista igienico, ma ci ha privato del piacere primordiale di toccare quello che mangiamo.
Solo il pane e i cibi che hanno il pane come base, pizza, tramezzini, toast, si “devono” mangiare usando le mani. È strano come i giovani, senza conoscere la regola, sappiano mangiare la pizza …
Libri di Galateo insegnano come si mangia la frutta con forchetta e coltello: mele, pere, banane, pesche, melone, anguria. Per l’uva e le ciliegie si è esentati, ci mancherebbe!
Del resto, se in ristorante se ne facciamo una ragione del privarci di esercitare il senso del tatto, la soddisfazione ce la prendiamo tutta quando siamo noi a cucinare.
E allora diventa il primo senso per eccellenza!
Sul gusto c’è da dire che ci sono persone dotate di papille gustative molto sensibili ed altre di meno. È l’individualità soggettiva nel percepire i sapori che fa apprezzare di più o di meno un cibo.
I cuochi esperti sanno trovare l’ingrediente segreto per esaltare il sapore della pietanza, anche conoscendo bene che nella percezione del gusto entra sempre in gioco l’odorato.
Coinvolgere i cinque sensi a tavola significa rendersi conto di essere persone “attive”, non passive, anche nei confronti della vita e delle emozioni.
Maura Sacher
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