Le guerre non si combattono solo sul campo e con i soldati e le armi.
Embarghi, dazi, blocchi geografici e di confini sono altrettanto esempi di come possa essere condotta una guerra commerciale.
Sono trascorsi sei anni e mezzo da quando il presidente Vladimir Putin decise l’embargo di tanti prodotti agroalimentari europei.
Ciò avvenne in risposta alle sanzioni della UE comminate in seguito alla annessione della Crimea alla Federazione Russa.
Voglio ricordare che il referendum di annessione vide una strabordante adesione dei sì e fu indetto liberamente.
Ciononostante su pressione degli USA la UE decise sanzioni nei confronti della Federazione Russa.
Però non capisco perché non si promulghino sanzioni ad esempio nei confronti della Turchia guidata da un tiranno sanguinario quale Erdogan.
Evidentemente questo tiranno è funzionale alla strategia yankee – UE e non a caso gli sono stati erogati miliardi di euro per fermare l’esodo dei profughi.
Mossa fallita e miliardi di euro spariti, parte dei quali sembrano finiti nelle casse della famiglia Erdogan.
Torniamo al decreto N. 778 del 7 Agosto 2014 con il quale la Duma il parlamento della Federazione Russa decise l’embargo contro i prodotti agroalimentari europei.
Niet nei confronti di esportazioni di vini, spumanti, distillati, frutta, verdura, formaggi, salumi, carni e pesce.
Per l’Italia ciò ha significato la perdita di 1.5 miliardi di euro in questi anni.
Oltre al danno si unisce la beffa della diffusione dei falsi prodotti Made in Italy e di quelli provenienti da nazioni non colpite dell’embargo.
Ai casarecci russi parmesanski, mozzarelski, robioleski si trovano nei negozi scamorze, mascarpone, mozzarelle, ricotte bielorusse.
Dalla extracomunitaria antipaticissima Svizzera arrivano Salame Milano, gorgonzola e parmesan cantonali.
Argentina e Brasile smerciano parmesanito e reggianito.
Il danno riguarda pure la ristorazione italiana presente in Russia che aveva riscontrato negli anni un successo ragguardevole.
La mancanza degli ingredienti originali ha frenato le attività.
Molti ristoratori hanno eliminato tanti piatti dai menù e in alcuni casi le portate sono state purtroppo sostituite con piatti locali o taroccati.
Il mondo agroalimentare italiano non può affrontare ulteriormente la perdita della possibilità di esportare in Russia.
Già deve affrontare le difficoltà causate dalla emergenza del coronavirus ed è quindi necessario riaprire i rapporti commerciali con la Federazione Russa.
Umberto Faedi
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