Non si fa fatica a capire perché per gli eno – appassionati di tutto il mondo l’Italia sia un po’ il paese dei balocchi. In poche parti del mondo infatti è possibile riscontrare la stretta connessione tra vino, cultura e territorio e come tutte le realtà siano intrecciate tra di loro con i tralci della vite.
Il Soave è uno dei tanti microcosmi che compongono questo paradiso enoico e la famiglia Nardello uno dei molti tasselli che incastrati tra loro ne custodiscono i valori.Presenti come sono dalla metà del ‘500, documenti alla mano, sempre in quel di Monteforte d’Alpone nella provincia Veronese.
Famiglia di tradizione agricola proprietaria da sempre dei propri terreni e in seguito specializzatasi nella coltura della vite. Dopo una piccola parentesi come conferitori di uve, è la nuova generazione ad imbottigliare i frutti delle proprie uve.
Daniele dopo aver conseguito il diploma di viticultura ed aver fatto il necessario “rodaggio” tra esperienze all’estero e presso altre Aziende della zona, decide di rivalutare il patrimonio familiare di 14 ettari di vigna con età media 40 – 50 anni.
Il suo lavoro si concretizza subito con la prima etichetta presentata: Meridies, che vuole essere un omaggio al suo territorio. Al lavoro di Davide si aggiunge presto Federica, che segue inizialmente gli aspetti commerciali in parallelo alla sua attività professionale per poi dedicare il suo impegno totalmente all’Azienda di famiglia, riscoprendo l’entusiamo per la propria tradizione familiare ed il suo attaccamento al territorio come patrimonio da salvaguardare.
I vigneti della famiglia Nardello sono situati tra 100-120 m. s.l.m. sulle colline tra Monte Zoppega a Monteforte e Monte Tondo, nella zona del Soave Classico. Terreni di ottima esposizione che permettono al sole di portare le uve a piena maturazione e che insieme alla ricchezza dei suoli vulcanici nelle loro sfumature, consentono alla mano di Davide di chiudere il triangolo in maniera ottimale con i vini prodotti.
In osservanza alla tradizione si usa la Pergola Veronese come forma di allevamento, che negli anni è stata indirizzata in modo da ridurne l’esuberanza aumentando il valore qualitativo delle uve e facilitandone la gestione.
A questa per i nuovi impianti si affianca anche il sistema Guyot, cercando di portare le esperienze maturate in proiezione futura ma mantenendo sempre la qualità delle uve in primo piano. Di questo ed altro abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Federica, che oggi totalmente immersa nella realtà aziendale ne cura tutti gli aspetti commerciali oltre che di export sui diversi mercati.
Rispetto alla produzione di vini essere così radicati localmente con le proprie attività testimoniate storicamente sin dal 1600 implica una responsabilità maggiore nel rappresentare le radici agricole e contadine del territorio. Vi sentite ambasciatori di questi valori?
Certo, il fatto di essere per così dire figli “ di arte di Vigna” ci investe di una grande responsabilità nel portare avanti la nostra interpretazione di territorio. Di sicuro, come detto sopra si parla della NOSTRA interpretazione , ma vogliamo sia per quanto possibile aderente con le tradizioni di questi areali storici.
In epoca contemporanea a vinificare aveva iniziato il bisnonno Gaetano Maria seguito da nonno Domenico, finché papà Gaetano non decide di proseguire l’attività solo come conferitore di uve. Da dove nasce nella nuova generazione la voglia di tornare ad investire e rischiare di più imbottigliando i frutti delle proprie vigne?
La passione per la Vinificazione nasce da Daniele, da me e dal desiderio di riportare lustro ad una famiglia di antica tradizione agricola
Il Soave è una zona importante nella viticultura italiana che però può crescere ancora a livello qualitativo. In questo senso quanto valore ha porre l’attenzione sulla micro zonazione di un territorio dai suoli variegati, in grado di esprimere le uve in maniera così diversa?
E’ una cosa molto importante, che banalmente le aziende agricole concentrate sul portare avanti i punti di forza di questa zona storicamente vocata al vino, hanno iniziato a perseguire già da qualche decennio essendosi accorte, vendemmia dopo vendemmia, dei diversi risultati ottenuti, vinificando separatamente uve derivanti da zone limitrofe ma con una diversa composizione pedologica.
In tutto questo l’importanza della “mano dell’uomo” come si esprime?
Si esprime riuscendo ad esaltare e rispettare le caratteristiche del vitigni presenti in queste zone.
Quanto è importante dedicarsi principalmente ai vitigni autoctoni rispetto agli internazionali? È una scelta culturale o semplicemente una questione di opportunità?
Non dobbiamo disdegnare gli internazionali poiché in parte sono entrati per diverse ragioni e in periodi diversi, a fare del tessuto viticolo di queste zone, però mai come noi, possiamo essere testimoni dell’importanza della valorizzazione dei Vitigni Storici, Garganega e Trebbiano di Soave. E’ la nostra Forza e il nostro elemento distintivo.
La Pergola Veronese rivisitata è ancora la vostra forma di allevamento maggiormente impiegata, mentre per i nuovi impianti si utilizza il sistema Guyot. In futuro il sistema tradizionale verrà mantenuto, magari per motivi di attaccamento alla tradizione, oppure verrà totalmente sostituito dalle altre forme di allevamento?
Non credo che la pergola verrà facilmente sostituita, anche perché i cambiamenti climatici di questi ultimi anni, hanno dimostrato che una sapiente gestione della stessa a livello di potature invernale e primaverile, difende meglio i frutti da eccessive esposizioni solari rispetto ai sesti di impianto a Guyot. Inoltre il vecchio stile di terrazzamento con banchine e muretti a secco, rende più sicuri i terreni dal rischio di frane e di dissesto del terreno.
Anche amando il suo territorio in quale altro, con la fantasia, le sarebbe piaciuto sviluppare l’attività di viticoltore e perché?
Mi piacerebbe cimentarmi in un’atra zona d’Europa, nella storicissima Francia a coltivare Pinot nero. Essendo nati bianchisti sono molto attratta dall’eleganza senza tempo di questi vini.
Una Laurea in Economia e l’impegno parziale in azienda fino al coinvolgimento completo nelle attività di famiglia. Qual è oggi il ruolo delle donne nel mondo del vino, possono esprimere pienamente le loro capacità o si trovano a scontrarsi con difficoltà di varia natura?
Mai come negli ultimi anni le donne hanno dato una grande svolta al mondo del vino imponendo stili e interpretazioni molto personali, certo alle volte a parità di professione non sono rispettare in egual misura. Io però andrei oltre a questa ghettizzazione di genere, non ci sono Donne o Uomini del vino ma persone, legate ai territori del quale sono custodi. Questo ultimo è anche un messaggio che vogliamo diffondere come FIVI, la Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, del quale faccio parte attiva come consigliere da poco più di un anno.
Arrivando alle note dolenti, che danni lascia l’ultima stagione dominata dal covid e quali prospettive si intravedono per quest’anno?
I danni maggiori li soffrono le aziende di piccole dimensioni come la nostra che non erano e non sono strutturalmente improntate per servire la GDO ma solamente il canale Horeca. Per quanto concerne le prospettive è difficile fare delle previsioni con questo calendario multicolore di aperture e chiusure, manca un briciolo di programmazione da un punto di vista di visione politica e purtroppo a farne le spese sono le imprese.
La pandemia ha purtroppo obbligato a dei cambiamenti nel mondo della comunicazione e delle politiche commerciali. In questo senso quanto credete nelle vendite on line attraverso i diversi attori che si sono moltiplicati o attraverso una vendita diretta gestita da voi?
La vendita on line come la comunicazione on line è molto cresciuta anche se per un paese tradizionalista come l’Italia non si andrà del tutto a sostituire col canale tradizionale, le due cose in futuro conviveranno, se prima l’online era marginale ora ha guadagnato una importante fetta di mercato. Certo conta molto comunicare contenuti.
Da parte delle istituzioni quale dovrebbe essere il provvedimento più urgente da prendere per dare sostegno alla categoria dei viticoltori e al comparto del vino italiano, ricordando che con il suo indotto rappresenta una voce di bilancio importantissima per l’economia Italiana?
Con Fivi, e con tutte le associazioni di categoria del comparto agricolo abbiamo fatto parecchie proposte nel corso di questi mesi, molte di queste inascoltate, alcune attuate in maniera insufficiente e farraginosa, come il provvedimento di stoccaggio privato, la sospensione dei contributi dipendenti in misura parziale ed a singhiozzo.
La riduzione dell’aliquota Iva sulle vendite all’horeca sarebbe un buon incentivo, ma ad oggi con la ristorazione totalmente chiusa sarebbe di scarso aiuto, ai tempi non era stata nemmeno presa in considerazione.
Io penso che come Imprese si abbia bisogno di interventi strutturali trasversali sui costi fissi (del tipo annullamento delle accise e dell’iva sulle utenze) questo aiuterebbe tutte le imprese che possono dimostrare perdite reali su un vero arco temporale (tipo un Semestre) e non su un solo mese.
Bruno Fulco
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