La parola ai produttori

Carpineto porta la grande Toscana nel mondo

Che l’enologia italiana oggi sia un valore condiviso globalmente è un fatto, ma che questo sia avvenuto grazie ad alcuni territori in particolare è una certezza. Il contributo della Toscana in questo senso è stato fondamentale grazie anche al grande amore sbocciato con i wine lovers americani tanto tempo fa, che ha certamente contribuito ad allargare gli orizzonti per la presenza dei vini italiani nel mondo.

Oggi dal Nord America all’Asia possiamo incontrare tante denominazioni Italiane che hanno potuto affermarsi anche appoggiandosi al gradimento per i nostri vini, che la Toscana insieme ad altri territori baciati da Bacco hanno saputo creare.

Del movimento toscano d’eccellenza fa parte a pieno titolo l’Azienda Carpineto Zaccheo, a cui le guide internazionali più volte hanno reso il loro tributo. La loro storia è quella del sogno di due ragazzi allora giovanissimi di 19 e 23 anni, Carlo Sacchet ed Antonio Mario Zaccheo. Il primo neo diplomato alla scuola di enologia di Valdobbiadene, l’altro già figlio del mondo del vino e dell’agricoltura ma determinato a scrivere un suo percorso personale.

Armati del sacro fuoco della passione giovanile fondarono nel 1967 l’Azienda Carpineto con l’intenzione di produrre un grande Chianti Classico e ponendo da subito l’accento sulla qualità, tra i precursori in una realtà in cui il dogma assoluto era la quantità.

A dar forza alla convinzione dei due fondatori la certezza di poter disporre di un terroir eccezionale, all’epoca ancora poco valorizzato e tutto da esprimere, specialmente nelle denominazioni del vino Nobile di Montepulciano e soprattutto del Brunello di Montalcino.

Dal primo corpo vigneti di 20 ettari l’azienda si è poi successivamente  sviluppata, raggiungendo allo stato attuale una superficie vitata che supera i 200 ettari distribuiti tra cinque tenute. La principale è quella di Montepulciano con i suoi vigneti che si estendono a perdita d’occhio, in cui trova spazio anche “Caponibbio” che con i suoi 65 ettari rappresenta il vigneto contiguo ad alta densità più vasto d’Italia.

Sempre qui ha sede la nuova cantina di 4500 metri quadri che mette in armonia la tradizione con le più avanzate tecnologie ecocompatibili. A questa seguono le Tenute di Montalcino, Dudda, Gaville e Gavorrano. Un totale di 3 milioni di bottiglie distribuite su tre linee di produzione per oltre 30 referenze.

Un grande lavoro oggi portato avanti con l’energia delle nuove generazioni impegnate in Azienda: Caterina Sacchet, enologa, Elisabetta Sacchet, Francesca Zaccheo e Antonio Michael Zaccheo, export manager, che proseguendo sulla strada tracciata dai fondatori nella celebrazione del Sangiovese, conseguono grandi risultati di critica a livello internazionale.

Caterina Sacchet, Winemaker  Carpineto

Lo testimoniano le frequenti presenze tra le selezioni annuali delle 100 migliori etichette di Wine Spectator con il Vino Nobile di Montepulciano Riserva o il Farnito, oppure con vini come il Brunello di Montelcino Docg 2015, con cui la giovane enologa Caterina Sacchet ha raccolto un plebiscito di consensi da parte del mondo della comunicazione enoica.

Nella Tenuta di Montepulciano risiede oggi Antonio Michael Zaccheo con cui abbiamo avuto il piacere di scambiare qualche opinione e che ci riporta anche il punto di vista di suo padre Antonio Mario, uno  degli artefici di questa grande storia di successo:

E: Non solo produrre vino ma un progetto nato già dagli albori per proporre vini di grande successo. Quali erano nelle mente di quei due ragazzi le basi su cui poggiavano le convinzioni, se c’erano, che tutto questo si sarebbe realizzato?

Z: C’era tanta ambizione ma anche tanta incoscienza, quella sfrenata della gioventù, in un momento in cui l’Italia era in forte ascesa economica e tutto era possibile. Poi è chiaro, non tutti i sogni si realizzano come il nostro, noi siamo stati anche fortunati, ma nel nostro caso c’è voluta un’intera vita lavorativa, sia quella di mio padre che di Giancarlo Sacchet, per arrivare vicino a dama, ed ancora non abbiamo finito. Oggi Caterina Sacchet, enologa, figlia di Giancarlo, alla quale suo padre ha passato il testimone e continua a condurre insieme a noi l’azienda segue le orme di suo padre in un’ottica moderna e firma vini di straordinario successo, di critica e di pubblico.

Antonio Michael Zaccheo export manager Carpineto

E: Qual è essenzialmente la filosofia produttiva, l’elemento che guida un lavoro riconosciuto ampiamente negli anni a livello internazionale dalla stampa e dalla comunicazione di settore?

Z: Focus sulla qualità, cioè di non accontentarsi mai anche di un lavoro ben fatto. Nel nostro caso è la somma di una moltitudine di piccoli miglioramenti durante il ciclo della vite e negli anni che il vino permane in cantina a fare la differenza. Il vino buono non si fa per caso ma per filosofia aziendale.

E: Il vino si fa in vigna ed è una grande verità ma oggi l’apporto della tecnologia risulta a volte determinante. Da Azienda all’avanguardia quale siete è interessante un parere sul rapporto tra tecnologia e natura.Come devono convivere per ottenere grandi vini che mantengano però prerogative di autenticità e personalità propria?

Z:La tecnologia è stata importante per tutto il nostro settore sia per migliorare la qualità intrinseca del vino stesso ma poi anche per far esprimere al meglio il potenziale enorme che ha il nostro territorio, cioè la qualità che, purtroppo, il famoso vino nel fiasco non esprimeva. Noi siamostati pionieri di tante tecniche all’avanguardia – che segneranno l’enologia dell’era moderna – come la fermentazione a temperatura controllata, quella malolattica controllata, l’utilizzo di lieviti indigeni, le macerazioni a freddo e carbonica e gli affinamenti in barrique, ma la lista è lunga.Conduciamo le vigne in maniera sostenibile e siamo neutrali all’impronta del carbonio, un traguardo su cui abbiamo lavorato molto e di cui andiamo orgogliosi.

E: Il chianti classico tra le denominazioni fondamentali dell’enologia italiana produce oramai centinaia di referenze diverse. Al di la dell’interpretazione del singolo vignaiolo quali sono le caratteristiche  che un grande Chianti Classico deve assolutamente avere?

Z: Il Chianti Classico è un territorio molto grande e variegato pertanto non si possono fare generalizzazioni. Nella zona nostra, cioè quella più al Nord, dove si coltiva principalmente sul galestro, si fanno vini molto eleganti e profumati. Sentori di frutta rossa si combinano con quelli floreali di mammola e petalo di rosa, sono vini di media struttura, freschi, eleganti e raffinati, da lunghissimo invecchiamento. Un profilo gusto olfattivo unico, non replicabile in nessuna altra parte del mondo.

E: A distanza di qualche anno quali sono i benefici che l’operazione “Gran Selezione” voluta dal Consorzio del Gallo Nero ha prodotto sul mercato del Chianti Classico?

Z: Alla fine credo che sia stata un successo. Noi l’abbiamo interpretata come un cru a 100% sangiovese dal miglior vigneto, La Pieve, della nostra tenuta di Dudda. Poche bottiglie ma veramente al top!

E: Brunello di Montalcino e Chianti Classico, tra le vostre grandi produzioni di successo e ambasciatori del Made in Italy nel mondo. A parte i valori economici delle due denominazioni, quale delle due  suscita maggiormente gli entusiasmi e l’affetto dei consumatori di tutto il mondo?

Z: Sono entrambi molto conosciuti ma il prestigio del Brunello non è paragonabile a nessun’altro vino d’Italia.

E: Certamente le vostre uve del territorio danno il massimo della soddisfazione, ma al di fuori di questo c’è un vitigno Italiano che vi incuriosisce, che apprezzate particolarmente e che vi piacerebbe coltivare come viticoltori?

Z: Bisogna sempre fare i conti con le carte che si hanno in mano, cioè qui in Toscana, almeno dove abbiamo i vigneti noi, non possiamo crescere tutto e bene. Per esempio, anche se siamo amanti del Pinot Nero nella sua espressione più alta, cioè in Borgogna, non vuol dire che possiamo avere lo stesso successo qui. Innovatori per tradizione, però, abbiamo già piantato il Teroldego in Maremma, sta venendo bene ma è ancora presto per confermarlo, e poi quest’anno abbiamo piantato un vigneto a Malbec nella nostra tenuta del Vino Nobile. Ci aggiorniamo tra qualche anno.

E: Il blocco dei mercati per il Covid19 ha inferto una grossa ferita all’export, questo è stato tanto più grave per alcuni settori quali quello del vino specialmente di qualità. Quanto tempo pensa sia realmente necessario per ammortizzare gli effetti di questo momento economico?

Z: Questa pandemia è stata un disastro per la nostra economia globale ma in particolare per quella Italiana. Il turismo che rappresenta il 15% del nostro PIL viene a mancare quasi completamente quest’anno, anche perché con il ‘bonus vacanze’per gli italiani sul lastrico non creiamo nessun giro virtuoso. In particolare, per la nostra economia, viene a mancare il turista estero, quello facoltoso, che beve Brunello nei ristoranti più blasonati e che soggiorna negli alberghi di lusso, che visita i musei, cha affitta le auto, riempie le Frecciarossa, compera la moda Italiana, etc…. Sono loro quelli che danno lustro al settore del turismo. Per tornare alla normalità, se troviamo un vaccino a breve, ci vorranno un paio d’anni penso.

E: Quali crede siano le misure, i provvedimenti, le azioni da mettere in campo ora per andare incontro alla ripresa nel miglior modo possibile, da parte dei vignaioli e da parte dello stato?

Z: Noi vignaioli siamo purtroppo impotenti in balia del virus. L’unica cosa che possiamo fare noi èevitare o ritardare investimenti il più possibile per conservare risorse. Lo stato avrebbe dovuto creare liquidità, cosa che finora non ha fatto. Non hanno neanche ritardato il pagamento delle tasse, anzi ne hanno addirittura aumentate alcune, tipo l’IMU. Lo Stato ha mostrato molte carenze.

Bruno Fulco


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