Il vino è paesaggio, cultura, arte, bellezza. Sono i temi affrontati da Vittorio Sgarbi in una lectio magistralis sul vino. In occasione dell’evento “Benvenuto Brunello” che si è celebrato a Montalcino. Un’anteprima dell’ultima vendemmia (2019) giudicata dalla critica a 5 stelle e che ha incoronato il Brunello 2015 come grande annata da collezione che i wine lover si contendono già a suon di bigliettoni.
Partiamo dal paesaggio.
L’Unesco ha identificato nel mondo tredici zone vitivinicole tutelandole come patrimonio dell’Umanità per il loro valore storico-culturale. Tre di queste aree sono in Italia: l’isola di Pantelleria (Sicilia), le Langhe (Piemonte), le colline del Prosecco (Conegliano, Valdobbiadene).
Tre in Francia (la zona dello Champagne, la zona di Bordeaux-St. Emilion, la Valle della Loira). Due in Portogallo (la Valle del Douro e le Azzorre), una in Austria (i dintorni di Vienna). Una in Ungheria (Tokaj), una in Germania (la gola del Reno), una in Cile (Valparaìso), una in Virginia (Stati Uniti).
Per il prestigioso riconoscimento dell’Unesco è in corsa anche la Val di Cembra con il suo spettacolare paesaggio caratterizzato da chilometri e chilometri di muretti a secco posti a protezione dei vigneti <eroici> presenti lungo il corso dell’Avisio.
“Pensando alle Langhe o alle colline del Prosecco, entrambe patrimonio dell’Umanità, è inevitabile – ha precisato Sgarbi – associare questi luoghi alla civiltà del vino, alla cultura, alla bellezza, all’arte. “ <Tutto quello che diciamo dell’arte, possiamo dirlo del vino, perché il vino è un’opera d’arte straordinaria che riguarda la vita, la terra, l’arte>. Ha aggiunto introducendo il suo excursus tra i capolavori dell’arte in cui il vino è protagonista, da sempre.
“A partire dal 1750 avanti Cristo, come nelle -Scene di Vendemmia- raffigurate nella tomba egiziana di Nakht a Sheikh Abd el-Qurna. Con i contadini che raccolgono l’uva, in un rapporto diretto e bellissimo con la natura.
Con la –Vendemmia- raffigurata con dettagli sublimi e raffinatezza assoluta nella scultura medievale del Duecento, come nella cattedrale della mia città, Ferrara, dal Maestro dei Mesi.
Ma tra gli archetipi, c’è anche Mantegna, il pittore dell’antico per eccellenza nel Quattrocento con i suoi celebri Baccanali che rappresentano Bacco nel momento dell’ebrezza”.
Tra i capolavori assoluti del Rinascimento Sgarbi cita il Bacco di Michelangelo, che sembra quasi ballare ispirato dall’ebbrezza del vino.
“Nudità più profana è quella dell’Ebbrezza di Noè del Bellini. Siamo nel Cinquecento e di fronte ad un pittore veneziano che ebbe più fortuna del contemporaneo Carpaccio, prestando il suo nome, grazie al patron dell’Harry’s Bar di Venezia, Arrigo Cipriani, ad un cocktail invece che alla carne cruda, classico esempio di come un piatto si sia mangiato il pittore.” scherza Sgarbi.
“Tra i più mirabili esempi, egli cita anche Tiziano ed il suo <Baccanale> con un nudo femminile in ebrezza, ma meraviglioso, capace di dare armonia anche al disordine dei sensi.
Senza dimenticare le tante raffigurazioni dell’<Ultima Cena> di Leonardo, di Tiziano, del Pontormo.
Ma ci sono anche le meravigliose raffigurazioni del paesaggio agricolo come l’Autunno con la vendemmia di Jacopo da Bassano.
Esempio eccelso di pittura che racconta il vino della quotidianità è il <Ragazzo che beve> del Carracci raffigurato con la stessa semplicità del più celebre <Mangiafagioli>.
Bellissimo, per il critico d’arte, anche il <Bacco> del Bastianino, ma su tutti, c’è un maestro assoluto che lascerà l’impronta per tutto il Seicento: Caravaggio. Il <Bacco adolescente> di Caravaggio conservato nella Galleria fiorentina degli Uffizi” – per Sgarbi – è un opera meravigliosa, la prima natura morta moderna, replicata anche nella <Cena in Emmaus>, con la sua capacità di cogliere l’attimo e il momento decisivo come un fotografo.
“Il vino è anche seduzione come nella -Cena con suonatore di liuto- del fiammingo Van Honthorst, che raffigura una piacevole serata.
Pittore meraviglioso e primo caravaggesco, anche Ribera raffigura -Sileno-, ma più vecchio e con assoluto realismo, mentre Rubens raffigura -Bacco- con ironia.
Il Seicento è ricchissimo di testimonianze della presenza del vino dell’arte: da Vermeer a Luca Giordano, per citare i più famosi, fino al -Bacco fanciullo- di Guido Reni.
Nel Settecento con la “Baccante e i satiri” di Sebastiano Ricci si torna a raffigurare la quotidianità, cosicome negli <Spillatori di vino> di Giacomo Ceruti e nell'<Allegra coppia> di Pietro Longhi.
E si arriva ai capolavori della modernità e dell’Impressionismo come <Il bevitore> di Cézanne e all’inizio del Novecento, l’<Autunno in Versilia> di Plinio Novellini.
In pieno futurismo Fortunato Depero con <Il Bevitore di Anacapri>. Infine, in questo viaggio tra i capolavori dell’arte italiana, c’è Guttuso con la sua <Natura morta con la scure>, tra avanguardia e tradizione. Tremila anni di storia, di arte e di vino. Fino ad oggi.
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