Ai campionati del mondo di cucina, svoltisi in Norvegia e organizzati ogni due anni dalla World Association of Chef Society (WACS), l’organizzazione mondiale delle berrette bianche, le due nostre berrette azzurre, arrivate in finalissima per una sfida a 7, se ne sono tornate a casa deluse per il loro quarto posto.
Hanno attribuito la colpa del mancato podio, evidentemente atteso, ai nostri “gioielli alimentari” utilizzati, come l’olio d’oliva del Garda, il riso vialone nano, il parmigiano reggiano, il vino Amarone e l’aceto balsamico, incompresi dalla giuria internazionale, che ha più apprezzato il burro quale amalgama, e addirittura il “Parmesan”, stante che i pezzi forti erano ingredienti esotici. Forse perché le aziende sostenitrici del concorso provengono da Asia e America.
Infatti il Regolamento per il gran finale era tassativo: la prima portata doveva contenere latte e prodotti a base di uova, la seconda l’halibut, un pesce, in abbinamento con pasta Wasabi, ingrediente del Giappone dal gusto simile al rafano. Il terzo piatto includeva il Kobe, bovino australiano di origine giapponese, accompagnato da verdure o insalata. Per la quarta portata, il dessert, doveva essere compreso il cioccolato Valrhona Taïnori 64%, il gran Cru della ditta francese raccolto nella Repubblica Dominicana, in connubio con il Dilman Tè.
Insomma, una cucina internazione che abbraccia tutti i continenti, peccato che l’Europa fosse stata qualificata come rappresentativa di latte e uova.
Alla finale del 3 luglio 2014 a Stravanger in Norvegia, dopo una selezione durissima che ha portato solo sette prescelti per ognuna delle due categorie, la nostra “Nazionale”, finalista per l’Europa del Sud, era formata dagli chef Giovanni Lorusso, che concorreva per la categoria giovani, e Francesco Gotti, per i senior, i quali per mesi si erano allenati con i coach Fabio Tacchella e Fernando Bassi. Già grande soddisfazione per la Federazione dei cuochi italiani (oltre 16 mila iscritti).
E dire che in vista del traguardo il manager-coach dei nostri concorrenti, Fabio Tacchella, insegnante di cucina e giudice internazionale, era orgoglioso di portare in Norvegia «le eccellenze del made in Italy, ma anche la tecnologia italiana della cucina, come le pentole e i tritacarne», da impiegare nelle 7 ore di durata della prova, ed assieme a Lorusso e Gotti aveva messo a punto ricette e strategie che potessero esprimere il meglio di entrambi, come ha dichiarato in un’intervista.
Evidentemente non è bastato, l’obiettivo forse doveva essere quello di riuscire ad esprimere il “gusto” della giuria i cui membri provenivano dai paesi più disparati, come Sudafrica, Singapore, Arabia Saudita e Cipro, probabilmente nemmeno mai stati nel nostro Bel Paese.
Il mancato apprezzamento dei nostri sapori veraci, obiettivamente abbinato a un paio di piccole sviste dei due chef tricolore, ha consegnato il primo posto all’Europa del Nord: Norvegia per i senior e Danimarca per gli junior.
Ma la nostra “Nazionale” non si arrende e lancia una provocazione: un concorso di cucina in Italia, dedicato ai nostri ingredienti e riservato ai cuochi stranieri.
Ottima Idea!
Maura Sacher
(nella foto: i giudici valutano i piatti italiani)
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