Ormai circola la voce, ben documentata nel web da dichiarazioni rilasciate ad interviste telefoniche, che la neo insediata sulla poltrona del Ministero per le Politiche agricole, Teresa Bellanova (Pd), al posto di Gian Marco Centinaio (Lega), sia favorevole al CETA, e pure agli OGM.
Il Ceta, l’accordo di libero scambio commerciale fra Europa e Canada, contro cui sono nati ovunque comitati di protesta, non piace nemmeno al M5S, e persino Zingaretti nel 2017, già Governatore del Lazio, aderì alla richiesta degli oltre duemila enti locali italiani di non ratificare il trattato.
Nonostante Carlo Calenda da ministro per lo Sviluppo la sottoscrisse per l’Italia, Angelino Alfano da Ministro degli affari esteri la propose e Gentiloni, premier, firmasse il disegno di legge da mandare alle Camere, difendendo anche il TTIP (accordo tra Usa e Ue), da allora – maggio 2017 – la ratifica fu messa in pausa, ratifica che spetta al Parlamento degli Stati membri e all’unanimità dei Paesi UE per farla entrare in vigore.
«Usciamo dai proclami, usciamo dagli approcci un tanto al chilo: il Ceta è in vigore», ha sostenuto il Ministro Bellanova con un certo afflato nella voce, «dobbiamo ragionare con i produttori non per fare chiacchiere ma per individuare se e dove ci sono criticità, sapendo che qui c’è una ministra che mette al centro la valorizzazione dell’eccellenza, delle nostre tipicità e dell’identità territoriale».
E ancora: «finora si è parlato molto di porti chiusi alla disperazione ma non si è parlato molto di porti chiusi alla contraffazione, che è una parte fondamentale della concorrenza sleale al Made in Italy».
Quest’ultima frase trova d’accordo tutti, ma non sembra proprio che la via sia realizzabile attraverso l’accettazione dell’accordo CETA, e nemmeno pesandola “un tanto al chilo”, benché l’espressione sia consona al neo ministro Bellanova che tanta dimestichezza ha (avuto) con il lavoro agricolo, da sindacalista CGIL.
Maura Sacher
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