Non c’è niente da fare il business regna su tutto dettando i tempi ad ogni singolo aspetto della nostra vita, nulla escluso. Si fa sempre un gran parlare di salute con fior fiore di conferenze e appuntamenti dedicati, con cui si vuol far credere che la società dei nostri tempi sia sempre più attenta alla cura e al benessere della persona. Nella maggior parte però sono soltanto parole, che servono a placare i sensi di colpa di una coscienza collettiva ormai schiava del marketing.
Quando ancora mancava più di un mese alla ricorrenza festiva, uova di Pasqua e dolci a tema avevano già invaso i supermercati ed ogni esercizio deputato alla vendita. Milioni di uova, spesso si scarsa fattura con cioccolato di qualità scadente, traboccano dagli scaffali affiancate da dolci ormai caricature farcite della classica colomba pasquale.
Pezzi venduti ad un prezzo irrisorio, dichiarazione palese di come all’interno dell’involucro la qualità sia solamente una pia illusione. Una tendenza quella del marketing, che mette a serio rischio la salute dei consumatori, spingendoli a consumare più del dovuto prodotti scadenti e per un periodo molto più lungo di quello che una volta si dedicava alla gastronomia festiva.
Una volta al di la della propria credenza religiosa, consumare un dolce pasquale aveva anche un suo significato e scartare insieme una Colomba solamente a pochi giorni dalla ricorrenza indicava un momento da condividere. Oggi invece con largo anticipo si assiste alla sagra del consumo inutile di grassi e zuccheri a basso costo, in un processo ininterrotto che inizia i primi di novembre con il Natale per proseguire senza soluzione di continuità fino alla primavera.
Le rimanenze vengono smaltite a prezzi ridicoli dopo le festività, prolungando lo “strappo” alla dieta in modo che all’ultimo boccone di panettoni e pandori seguano chiacchiere e castagnole, che insieme alle loro sovra eccedenze produttive lasciano direttamente spazio a Uova e Colombe.
La tendenza è stata denunciata anche dalla della Royal Society for Public Health (RSPH – organo britannico di salute pubblica), che sulla BBC Health, attraverso il direttore esecutivo Shirley Cramer ha denunciato come: “siamo consapevoli che le occasioni speciali come la Pasqua rappresentino un periodo di indulgenza e tentazioni di gola, però è chiaro che molti negozi e supermarket spingono i prodotti legati alla festività troppo presto rispetto alla data stessa dell’evento – e dichiarando inoltre – se i supermercati prendessero sul serio l’epidemia di obesità, potremmo raccomandare ai rivenditori di modificare queste strategie di marketing nell’interesse della salute pubblica”.
Considerazioni che però appaiono troppo etiche per una società come la nostra, che ormai modula i propri comportamenti non basandoli sul senso comune di benessere per la comunità. Lo sforzo legislativo il più delle volte tende solo ad individuare la soglia verso il quale poter spingere il business potendo declinare ogni responsabilità per eventuali risvolti negativi.
I numeri chiariscono più delle parole e se un uovo da 250 gr con le sue 1375 calorie copre oltre la metà del fabbisogno calorico generico, stimato intorno alle 2000 calorie per una donna e alle 2500 di un uomo, si capisce subito come l’invito al consumo di questi prodotti per un tempo prolungato non sia affatto da trascurare. E sempre secondo i numeri di una ricerca Inglese su un cluster di 2000 persone, è emerso che ad un mese dall’evento pasquale almeno la metà ha già consumato da solo almeno un uovo di pasqua.
Ciò che una volta ricopriva valore simbolico nella festa oggi è oggetto della massificazione dei consumi, attraverso operazioni di mercato legate a cartoni animati e ad altri improbabili gadget. Il duplice risultato negativo ottenuto è quello di nuocere alla salute e contemporaneamente distruggere i valori della tradizione.
Un peccato soprattutto in un paese come il nostro, che produce alta pasticceria e dove le festività potrebbero essere l’occasione per consumare meno prodotti ma di qualità assoluta, trasformando una inutile trasgressione alimentare in un momento di gioia vera per il palato.
Bruno Fulco
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