Due sono gli argomenti in questione: le monoporzioni e i monouso con la plastica bandita dal mercato nella UE. Come stanno insieme? Semplicemente considerando gli sprechi di materiale per le confezioni alimentari ed i conseguenti costi per le aziende che si ripercuotono sui consumatori finali.
Sul mercato alimentare un vasto gruppo di consumatori, tra le più svariate categorie, come i single, le giovani coppie o le massaie di una certa età, aveva accolto con favore l’arrivo delle intelligenti mono/bi-porzioni di pietanze confezionate, dagli gnocchi alle insalate, dalla frutta affettata alle zuppe di vari gusti, e soprattutto le monoporzioni di dolci per lo sfizio alla golosità fine pasto.
Monoporzioni utili per cibare anche i pigri o gli indaffarati, i quali a fronte del tempo da impiegare per darsi da fare in cucina sono pur consapevoli del costo aggiuntivo dell’imballaggio delle mono dosi a fronte della confezione “formato famiglia”, ossia non si spreca cibo ma nello stesso tempo c’è un rincaro sulla comodità.
Molto faticosamente riescono ad entrare nella testa di ogni cittadino le campagne sulla utilità della raccolta differenziata degli scarti alimentari, umido, vetro, plastica, polistirolo, carta, cartone, metallo o alluminio, e quant’altro, nonostante molti Comuni virtuosamente vigilino, applicando contravvenzioni ai menefreghisti quando li beccano.
Tutti, però, sono capaci di inorridire davanti alle immagini e ai filmati che mostrano le isole di plastica alla deriva dei mari o spiaggiate sulle coste e descrivono i danni ambientali di questa invasione ma soprattutto i pericoli per la nostra salute, visto che ci cibiamo anche di prodotti ittici e questi, volenti o nolenti, ingoiano pure la plastica i cui frammenti entrano nel ciclo della catena alimentare. Plastiche che finiscono in mare a causa evidentemente di una pessima gestione del loro smaltimento.
Ecco che interviene ancora una volta la Commissione Europea: devono essere definitivamente banditi i contenitori per alimenti in plastica monouso, piatti, posate, bicchieri, cannucce, palettine da caffè, e quant’altro similare, incluse le vaschette monoporzioni, da sostituire con alternative compostabili e biodegradabili al 100%. Ok, arriveranno contenitori in definitiva più sani, ma le etichette con il prezzo e con le indicazioni obbligatorie sulla descrizione del prodotto di che materiale saranno?
Si ripete la storia dei sacchetti per la spesa, quelli che ci costano qualche centesimo a prodotto acquistato (in supermercato, pescheria o farmacia) e che con etichetta del prezzo appiccicata sopra non sono più al 100% biodegradabili. Bella burla.
Non è difficile prevedere una rivoluzione nel mercato. Già si sono adeguati per tempo le aziende produttrici di imballaggi per alimenti, sobbarcandosi costi aziendali non indifferenti per utilizzare altri materiali più graditi alle Direttive UE.
Ma è il caso di avvisare i consumatori che tali costi ricadranno su di essi, cioè sui singoli di noi che presto ci troveremo le cibarie rincarate “causa costi di gestione”, formula che salva le coscienze dei produttori.
Chi ci rimette siamo sempre noi consumatori.
Maura Sacher
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