Le finali nazionali della guida Vinibuoni d’Italia 2019, svoltasi a Buttrio (Udine) presso i saloni della villa Toppo Florio, hanno dato l’occasione per visitare alcune aziende del territorio.
Il nostro itinerario nel vigneto friulano inizia nei Colli orientali, una zona a nord del Collio che si estende lungo la fascia collinare della provincia di Udine a ridosso del confine con la Slovenia. Un terreno inusuale il “flysch”, un’alternanza di “ponca” (parola friulana che definisce la marna) ed arenaria ed un clima favorevole con le Alpi Giulie alle spalle e il mare Adriatico di fronte fanno di quest’area la miglior posizione geografica per la viticoltura, qui la vite trova riparo dalle fredde correnti del nord e gode di una costante ventilazione.
A Bellazoia di Povoletto, a pochi chilometri da Udine, visitiamo i Tenimenti Civa, di proprietà di Valerio Civa, imprenditore di origine parmigiana, fondatore della società di distribuzione di grandi marchi ed etichette Effe.ci Parma. L’azienda friulana nasce nel 2016 per realizzare quello che viene definito “un innovativo progetto agricolo per la grande distribuzione”. I vini, infatti, sono prodotti esclusivamente con uve della tenuta e di piccole realtà agricole locali costantemente monitorate con l’obiettivo di garantire una qualità medio-alta dei vini, destinati a un pubblico ampio di consumatori, distribuiti attraverso la grande distribuzione organizzata. La Tenuta si estende per 43 ettari vitati suddivisi tra Bellazoia, Povoletto, Ravosa, San Giovanni al Natisone e Manzano, dove vengono coltivati vitigni autoctoni come Ribolla gialla, Friulano, Refosco dal peduncolo rosso e Schioppettino e, in misura minore, gli internazionali. Il progetto agricolo prevede anche una particolare attenzione alla sostenibilità ambientale: dal diserbo meccanico del sottofila, all’uso di atomizzatori a recupero e di centraline meteo per diminuire la quantità di fitofarmaci e il numero dei trattamenti. Il 75% della produzione è di vini bianchi, in primo luogo Ribolla gialla al quale è dedicato un podere di dieci ettari, fra Manzano e San Giovanni al Natisone, unico per dimensioni sui Colli Orientali del Friuli, destinato a diventare di 30 ettari. Con la Ribolla gialla viene realizzato il vino fermo e lo spumante nelle versioni extra brut e dry
Fa parte della storia di Cormons e della viticoltura friulana la Tenuta di Angoris nata nel 1648, anno in cui l’imperatore del Sacro Romano Impero, Ferdinando III d’Asburgo, donò a Locatello Locatelli, barone di Eulenburg e Schönfeld, un ampio territorio nella zona, al fine di riconoscergli i meriti acquisiti durante la Guerra dei Trent’anni. Oggi, la Tenuta si estende per ben 630 ettari, dei quali circa 130 sono destinati alla coltivazione della vite, altri a seminativo, altri sono occupati da una azienda faunistica-venatoria, un vanto per la tutela del territorio. Potendo contare su diversi appezzamenti la gamma di prodotti è molto ampia e ricade sotto le tre doc: Collio, Colli orientali e Isonzo. Come omaggio all’anno di fondazione dell’azienda nasce nel 2006 lo spumante metodo classico brut 16 48, Chardonnay allevato alla cappuccina, affinamento di 40 mesi sui lieviti. Dalla zona collinare di Rocca Bernarda, lo Spìule, 100% Chardonnay. Ed ancora il progetto Pinot Nero con conversione di un vigneto di mezzo ettaro nella zona doc Isonzo, da terreno ghiaioso. Grande attenzione ai vitigni locali: dal friulano, alla Ribolla gialla, al Refosco e al Pignolo, un vitigno quasi inesistente, molto delicato, quasi scomparso e recuperato dall’Abbazia di Rosazzo negli anni ’80. È un vitigno difficile dal punto di vista viticolo e vinicolo. Un vino ricco di tannini che necessita di un lungo periodo di invecchiamento del legno. Annessa alla proprietà immersa in un parco secolare la splendida Villa Locatelli, che ha ospitato durante la metà dell’Ottocento i Borbone, eredi al trono di Francia, utilizzata oggi per eventi e matrimoni, scenografia ideale per le riprese di molti film, dal 1957 con Addio alle armi per arrivare alla serie televisiva “La porta rossa”.
Attraversiamo l’Isonzo ed entriamo nell’altopiano del Carso goriziano, appena sopra il paese di Sagrado in località Castelnuovo siamo nella tenuta Castelvecchio. La villa, costruita alla fine del XVI secolo dai conti Tasso, dimora di re e imperatori, sede per un periodo durante la Grande Guerra del comando militare italiano come testimoniano i graffiti di soldati recentemente portati alla luce sotto l’intonaco del Salone principale, è circondata da vigneti che un tempo sono stati i campi di battaglia. In questi luoghi ha combattuto Giuseppe Ungaretti e proprio l’esperienza di quei giorni è racchiusa nella sua prima raccolta di poesia “Il porto sepolto”. In omaggio al poeta dal 2010 la tenuta ospita il Parco Ungaretti, un cammino storico ed artistico dove lo scultore Paolo Annibali ha realizzato una statua in bronzo a grandezza naturale del poeta e Franco Dugo gli ha dedicato un ritratto inciso su una grande lastra di metallo. La cantina, dal 1986 di proprietà della famiglia Terraneo, ha una parte nelle fondamenta di una torre del XIX secolo, un ambiente emozionante che oggi serve ad affinare in botte i vini rossi più importanti. La tenuta agricola è composta da ben 120 ettari, attorno a un parco naturale. La caratteristica del terroir è data dalla roccia calcarea del sottosuolo, una terra rossa inconfondibile del carso goriziano, ricca di minerali ferrosi, un microclima asciutto con buone escursioni termiche, la vicinanza al mare e la presenza del vento di bora agevolano la coltivazione della vite e conferiscono ai vini struttura e longevità. Insieme ai vigneti si coltivano 600 olivi di varie cultivar per una produzione di olio extra vergine di oliva ed ai limiti del bosco sono collocate 50 arnie dalle quali si estrae il miele di acacia. Il 70% della produzione è rappresentata dai vini rossi con vitigno sia autoctoni che internazionali: Terrano, vino particolare tipico del territorio, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon e Merlot, ma anche bianchi a base di Malvasia istriana.
Piera Genta
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