Avevo deciso di chiudere la Rubrica “Galateo a tavola” su questa testata, come ho smesso di tenere corsi, seminari e scrivere di galateo, scoraggiata dalla dilagante indifferenza sociale di queste ultime generazioni verso l’etichetta, i rituali, le regole.
L’obiezione di coloro che le disdegnano e le irridono è la seguente: “conta di più la sostanza o la forma?”, e questo dimostra la superficialità del punto di osservazione. Ci sono occasioni in cui la sostanza certamente prevale, ma ci sono momenti e luoghi e circostanze in cui deve trovare spazio dominante la forma.
Non c’è più riguardo per niente! Mi basta vedere l’odierno “disinteresse” verso la cravatta nelle cerimonie ufficiali, quando fino a poco tempo fa ai parlamentari, come ai consiglieri regionali, che si presentavano senza cravatta i commessi gliene fornivano una, pena il blocco d’accesso. E figuriamoci se questi venivano ammessi senza giacca o con i sandali ossia a piedi nudi. Neanche alle donne erano permessi abiti succinti e senza un accenno di manica.
Le istituzioni esigono deferenza e decoro, e in luoghi di culto pure.
Nei giorni scorsi ho ricevuto un messaggio e-mail di un operatore di sala che, avendo seguita la Rubrica su questo giornale, dopo quarant’anni si pone ancora delle domande riguardo alle precedenze di servizio. Disorientato da quanto assiste nel lavoro, e immagino forse a causa dell’inesperienza e incompetenza di chi gestisce il locale, mi ha posto alcune specifiche e competenti domande.
Ammirando la sua volontà a mantenere vive le regole, mostrando assoluta fiducia sui criteri del Galateo, gli ho risposto volentieri.
Ma, ciò mi ha fatto riflettere: è davvero tutta da buttare alle ortiche la fiducia nelle forme di rispetto, o è il caso di insistere a parlarne?
Chi sta dalla parte del torto? La minoranza o la maggioranza?
E qui il discorso si allargherebbe su svariati episodi che le cronache ci stanno evidenziando, dove si interpreta il “rispetto” intendendolo solo in un verso.
Maura Sacher
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