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Anche la Garganega va in adozione

Seguendo l’orma di altre grandi e piccole aziende vinoviticole e olearie, che da qualche tempo hanno dato l’esempio, anche la “Strada del vino Soave” consente ora di diventare viticoltori facendo adottare dei filari di Garganega, il vitigno base del Soave.

È un sintomo della crisi o un gesto altruistico? Sicuramente un interessante segnale di buon marketing.

In diverse parti d’Italia i proprietari di appezzamenti agricoli, sostenuti dai consorzi di categoria o da associazioni ambientaliste, hanno cominciato ad adottare quale utile strumento di protezione e garanzia del prodotto, il dare in affido a privati, singoli o gruppi, un albero di ulivo e un filare di vigna.

Sentirsi proprietari di una pianta e goderne del prodotto è un grande stimolo per quella parte di cittadinanza favorevole alla protezione dell’autoctono e al sostentamento delle aziende agricole del proprio territorio. Inoltre risulterebbe formalmente corretto, in questo momento di crisi a più livelli, investire e credere nelle aziende che portano avanti un discorso di economia locale.

Dal Barbera delle Lanze alla Ribolla Gialla Doc Collio Goriziano, dal Brachetto d’Acqui Docg al Nero d’Avola Doc, passando per il Brunello di Montalcino e il Chianti, diverse aziende vinicole hanno già aperto i cancelli ai consumatori, e altrettanto hanno fatto alcuni proprietari di uliveti, per mezzo della stipula di contratti con singoli privati della durata generalmente di un anno, rinnovabile. Le condizioni dei “patti” e l’impegno economico dei sottoscrittori sono variabili da realtà a realtà, forse non eccessivamente onerosi se si considera che da un lato si contribuisce in prima persona alla salvaguardia del paesaggio, delle eccellenze del territorio nonché del mondo di mestieri e professionalità che vi ruota intorno, e dall’altro si riceve in cambio il frutto del lavoro, che altri hanno svolto per noi.

Sembrano allettanti le prospettive contrattuali, si passa dai 50 euro per ricavare una bottiglia d’olio extravergine di oliva bio dal proprio ulivo, se giovane, ai 100 euro se la pianta è secolare, dai 60 euro per 6 bottiglie di vino doc dal proprio filare ai 100 euro per un quantitativo minimo di 12 bottiglie, come nelle Lanze.
L’ultima entrée è l’adozione resa disponibile da 13 aziende agricole socie della Strada del vino Soave, che – a fronte di un minimo di 50 viti al costo di 100 euro all’anno – permette di ricevere annualmente 12 bottiglie di Soave Doc.

Questo tipo di iniziativa mira a coinvolgere in maniera diretta l’utente finale nell’intero processo produttivo, permettendogli di monitorare costantemente il filare o l’albero adottato, tenendolo sempre informato sullo stato di salute della pianta nell’intero ciclo di vita, la sua cura e lavorazione, anche a distanza con comunicazioni via e-mail, newsletter, foto, video.

Durante la durata del rapporto, viene offerta la possibilità di visitare il proprio filare o la propria pianta di ulivo, partecipare alla raccolta dei frutti e assistere alla  tutte le fasi della vendemmia e rispettivamente della frangitura.

Non c’è che dire, una buona mossa in tempo di crisi!

Maura Sacher


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