Alla fine è successo e quella che per tanti anni è stata una certezza, adesso è svanita trasformandosi in un nuovo obiettivo da conseguire. La Francia ha raggiunto il primo posto nell’export del vino sulla piazza Usa, scalzando l’Italia che per 15 anni ha rappresentato l’enologia di riferimento nel mercato nordamericano.
Non si può dire però che sia stata una sorpresa, perché i segnali c’erano stati ed anche abbastanza inequivocabili. Era tempo infatti che l’Italia sentiva il fiato sul collo dei cugini d’oltralpe. Il margine di vantaggio si è andato via via assottigliando fino all’inevitabile sorpasso, una progressione che il sistema del vino Italiano non ha saputo arrestare.
Le dimensioni stanno tutte nei numeri annunciati dall’osservatorio dei Paesi terzi di Business Strategies, che ha elaborato i dati insieme a Nomisma-Wine Monitor. I dati forniti dalle Dogane, sono relativi all’importazione di vino USA nel terzo trimestre 2017 e quantificano la dimensione del sorpasso Francese in valore. Uno scatto importante che in soli nove mesi ha saputo polverizzare i 160 milioni di euro che separavano le performance dei due paesi.
La scomposizione dei dati fornisce molteplici indicazioni, al di la delle quali rimane però il fatto che l’Italia rispetto allo stesso periodo del 2016, perde quote di mercato passando dal 32,7% al 31,1%. Tra i motivi principali la stagnante situazione vendite relativa ai vini fermi imbottigliati, dove pur rimanendo leader di mercato guadagna un esiguo +1,6% a fronte del +21,4% dei vini francesi. Non va meglio nel mercato delle bollicine dove all’+11,5% italiano i concorrenti rispondono con un +21,4%.
Secondo Silvana Ballotta, Ceo di Business Strategies ed esperta del Made in Italy: “L’Italia perde il primato più ambito e lo perde male, se pensiamo che oggi la Francia è market leader nei primi tre mercati di importazione al mondo, Usa, Gran Bretagna e Cina. Ma fa ancora più male registrare come, in un anno di grande crescita della domanda di vino nel mondo, gli Stati Uniti siano diventati la cartina tornasole della nostra ridotta competitività sui mercati globali, frutto di azioni di marketing e promozione deboli e mai sinergiche”.
Purtroppo è spiacevole riscontrare come questa nostra grandissima risorsa non riesca a capitalizzare quanto sarebbe nel suo potenziale, ma da ancora più fastidio rilevare come le motivazioni siano sempre le stesse. Problemi atavici, che impediscono a questo settore di decollare ed espandersi in maniera definitiva su tutti i mercati internazionali.
Da una parte l’incapacità di fare sistema in maniera efficace, approntando delle strategie che coinvolgano tutti gli attori della viticultura italiana. Dall’altra le istituzioni pubbliche che non riescono a supportarla adeguatamente, ne con un quadro normativo adeguato, ne con i contributi necessari alle imprese di un settore che sembra sempre viaggiare con il freno a mano tirato. La perdita del primato sul mercato nordamericano, è il frutto della combinazione di questi elementi.
E’ indicativo osservare come, in una piazza di mercato in cui la domanda cresce complessivamente di più del 10%, oltre alla Francia anche gli altri paesi abbiano fatto registrare miglioramenti delle proprie performance. Burocrazie e lungaggini italiche, riescono spesso ad affossare anche le iniziative individuali che malgrado tutto i vignaioli italiani tentano di proporre.
Un vero peccato osservare la scarsa mobilita progettuale che nonostante la grande potenzialità impedisce all’Italia di ottenere la leadership nei principali mercati mondiali, trasformando l’intero comparto in una sorta di “vorrei ma non posso”.
Bruno Fulco
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