Negramaro. Sembra impossibile ma dal Registro Nazionale della Varietà” manca il termine “Negramaro”. Un’assenza che preoccupa molte aziende del settore che continuano, in buona fede, ad etichettare il vino con indicazione geografica tipica con l’indicazione “Negramaro.
Il vitigno a bacca nera coltivato in Puglia e in particolare nel Salento regala un vino dal colore rosso-rubino spinto al granato con riflessi quasi neri, intenso fruttato dal gusto amarognolo. Un tempo utilizzato come uva da taglio è oggi molto richiesto.
Un vitigno antico la cui introduzione nel nostro Sud viene attribuita ai Greci a cui, alcune fonti, attribuiscono il nome (dai termini “niger” e “mavros” che, rispettivamente, significano “nero” in latino ed in greco: quindi, “Negroamaro)
Un’assenza che va colmata e per questo motivo il Senatore Dario Stefàno, capogruppo in Commissione Agricoltura del Senato e primo firmatario del ddl sull’enoturismo attualmente in esame al Senato, ha inoltrato agli uffici del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali di Via XX Settembre una richiesta che porti al superamento del problema. “Attualmente la sinonimia, in principio ammessa, tra “Negroamaro” (o Negro Amaro o Nero Amaro) e “Negramaro” non trova collocazione nel Registro Nazionale delle Varietà.
“Recuperare e salvaguardare la denominazione Negramaro ci permette anche di recuperare l’identità di quella cultura enologica, il cui nome – ricorda Stefàno – deriva dal termine dialettale salentino “njurumaru” e non “njuruamaru” e di conseguenza valorizzarla”.
Con la sua richiesta al Mipaaf, Stefano sollecita ad edeguare il Registro Nazionale delle Varietà, ripristinando il sinonimo “Negramaro” alle voci 163 (Negro Amaro N) e 361 (Negroamaro precoce N) e con l’integrazione almeno dei decreti Igp che prevedono attualmente il solo Negroamaro, Negro Amaro o Nero Amaro.
Roberta Capanni
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