La filosofia, la logica, l’economia, e altre scienze, conoscono la figura del “paradosso”, ossia quella forma di affermazione che per il suo contenuto appare contraria all’opinione comune o contraddittoria a sé stessa e nello stesso tempo verosimile.
Di solito al paradosso sottendono sia un’astrazione sia un’equazione e alla fine il ragionamento è circolare: si parte da un punto e si arriva al punto, con nel mezzo una quantità di supposizioni, illazioni, tra l’astratto e il concreto, tale però da sorprendere e disorientare.
Perché questa complessa premessa? Perché milioni di cittadini statunitensi hanno confidato in Donald Trump Presidente degli Usa quale alternativa alla deriva sociale in atto da oltre un decennio, a causa della dura crisi finanziaria ed occupazionale interna. Le sue promesse elettorali sono brevemente sintetizzabili in: ridurre le tassazioni, far scendere la disoccupazione, far leva sul ‘merito’ dei lavoratori, proteggere il mercato nazionale. E in quest’ultimo punto rientra l’obiettivo di rivedere, rinegoziandoli o depennandoli, i trattati economici impostati dai suoi predecessori (il Nafta con il Messico, il TPP con i Paesi Oceanici e il TTIP con l’Europa).
Che c’è di male nel proteggere il proprio mercato? Non è forse vero che Hollande, oppostosi al TTIP in nome della difesa dei prodotti nazionali, ha decretato che almeno il 60% dei prodotti sugli scaffali debbano essere francesi, e non stiamo facendo anche in Italia mille campagne, tanto esaltate dal Ministro delle politiche agricole e alimentari Martina, per la salvaguardia del Made in Italy?
Un punto sostanziale del paradosso è che ora l’Europa appare la sostenitrice della partnership transatlantica sul libero scambio. Infatti c’è chi non si arrende: la Commissaria UE al Commercio Cecilia Malmström insiste “Non sappiamo cosa succederà”, e il ministro italiano per lo Sviluppo Economico Carlo Calenda rincara “Difficile dire se l’accordo è morto, ma di sicuro ci vorrà molto tempo”. Affermazioni sorprendenti.
Pure illazioni, supposizioni lontane dal concreto, o dal risultato verosimile?
Tuttavia, il presidente del Consiglio, preso dalla sua frenetica campagna referendaria, sull’argomento non si è più esposto, forse perché ha già incassato i Sì delle maggiori confederazioni sindacali degli imprenditori e degli agricoltori, le quali per convenienza sono sempre “filogovernative” (mentre singole categorie di lavoratori andavano a supplicare protezione delle loro specialità a Bruxelles).
Se già le posizioni delle due sponde dell’Atlantico sulle questioni sovrane come la salute legata agli alimenti, l’ambiente, gli appalti pubblici e le controversie in tema di diritto internazionale, sono finora risultate inconciliabili, con anche la contrarietà dello stesso Congresso americano, come ci si può attendere che il nuovo presidente Usa possa piegarsi alle implorazioni europee?
Sarebbe un paradosso ancora più grande se questa promessa/minaccia di Trump risultasse solo una sparata elettorale!
Ad ogni modo i governanti europei dal prossimo anno dovranno fare i conti con una svolta di pensiero che condizionerà molti Paesi! E forse, non per paradosso, non sarà un Governo di Matteo Renzi a raccoglierne gli effetti.
Maura Sacher
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