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Ora è il momento della solidarietà ai norcini

Sotto le macerie del terremoto che dal 24 agosto 2016 fino al tremendo scossone del 30 ottobre ha devastato i paesi delle valli appenniniche del Centro Italia, migliaia di imprenditori hanno visto frantumarsi il lavoro di una vita di generazioni.

Secondo una provvisoria stima della Coldiretti sono circa 3 mila le aziende, per lo più a conduzione familiare, che sulla dorsale appenninica, nei territori dei comuni tra Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo, hanno subito danni calcolati in oltre 2 milioni di euro, non solo per stalle, fienili e capannoni crollati o lesionati, ma per il rischio di perdita del bestiame il quale, oltre ad aver subito uno stato di shock (come è naturale), soffre pure per mancanza di abbeveramento, visto che l’acqua degli acquedotti, lesionati, non è potabile.

Solo a Norcia si trovano circa 200 stalle, mentre si stimano in duemila le mucche e diecimila le pecore.
Gli allevatori di suini terremotati a Norcia e nella Valnerina sono fornitori di aziende che ogni anno producono 800 mila prosciutti, frutto di tecniche che fanno del “norcino” una figura unica e insostituibile nel processo di lavorazione dei prosciutti. È il “norcino” infatti che si occupa di abbattere il maiale e di lavorarne le carni, con mestiere ed esperienza antichi, rispettando fasi e standard rigorosi.

Questi piccoli imprenditori chiedono di continuare a produrre, anche se de-localizzati, con l’allocamento del bestiame in strutture protette, per la solidarietà dei colleghi umbri e marchigiani, anche se più di qualche titolare d’azienda al momento ha ingaggiato trattative per svendere il proprio bestiame a “sciacalli” compratori approfittatori delle disgrazie altrui.

Nel web sono partite diverse iniziative di solidarietà nel nome di #compriamoilprosciuttodiNorcia e #ilovenorcia, sulla scia di quanto è stato promosso per l’Amatriciana di Amatrice.

Maura Sacher


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