Sui prodotti ‘bio’ per la nostra alimentazione è in corso da tempo un dibattito tra i consumatori “diffidenti” e gli estremamente “convinti”, ognuno con le proprie ragioni, forse senza immaginare che dietro non ci sono solo gli interessi multinazionali bensì di pura politica locale.
Intanto il bio ha conquistato fette sempre più consistenti di mercato, da un lato per la maggiore consapevolezza dei consumatori nella ricerca di prodotti rispettosi della salute e dell’ambiente, e come scelta di principio, ma d’altro lato perché il biologico si è rivelato una quanto mai preziosa opportunità di guadagno per coltivatori e imprese commerciali.
Secondo i dati Ismea, dal 2008 a oggi, il mercato italiano del biologico registra tassi di crescita costantemente a due cifre e il 2015 si è chiuso con un +20% rispetto all’anno precedente, con un giro d’affari da oltre 2 miliardi nel solo settore domestico. Risultati importantissimi, se si considera che l’agroalimentare nel suo complesso si limita nello stesso periodo a un magro +0,1%.
Questo quadro non deve ignorare gli incentivi all’agricoltura nei Programmi di Sviluppo Rurale (PSR), con stanziamenti significativi per le produzioni bio, orientate anche a sostenere la redditività delle imprese. Ed ecco che i governanti del Friuli Venezia Giulia, nell’assestamento di bilancio varato prima delle ferie estive, hanno stanziato otto milioni per l’agricoltura biologica. Tali risorse aggiuntive rappresentano l’impegno della Regione per rafforzare un settore che, benché ancora di ridotte dimensioni, può offrire grandi opportunità.
In Friuli Venezia Giulia la produzione biologica interessa al momento soltanto l’1,7 per cento della superficie coltivata, nonostante le aziende del settore biologico siano aumentate: da 405 nel 2010 a 540 nel 2015. E nonostante nel settore vitivinicolo il biologico sia passato dai 400 ettari di superficie vitata, nel 2012, ai 1.000 ettari del 2015.
Oggi il comparto bio in Fvg ha raggiunto la soglia dei 7 mila ettari di coltivazioni, il doppio di tre anni fa.
Sono aumentate tutte le tipologie di coltivazione, che oggi contano 3.200 ettari di prati e pascoli, 2.000 di seminativi, 1.000 di vite, 400 per la produzione di frutta e 150 per gli ortaggi. Circoscritta rimane la zootecnia bio, con solo tre stalle per bovini da latte, due per bovini da carne e quattro allevamenti avicoli, anche perché le pastoie burocratiche a volte sono dei deterrenti alla buona volontà.
“I nuovi fondi alimenteranno i due bandi del Psr dedicati annualmente a sostenere i coltivatori che scelgono di passare dall’agricoltura tradizionale a quella bio o che semplicemente intendono rimanervi. Le richieste sono in crescita: 411 nell’ultimo anno, con aumenti del 245% rispetto al precedente Psr. I contributi consistono in un premio annuale calcolato per ettaro di superficie, a patto che le aziende si mantengano bio per almeno cinque anni. Gli aiuti compensano in parte i maggiori costi dei produttori e i mancati redditi derivanti dalla fase di transizione al bio: l’obiettivo è consolidare ed estendere il settore, con tutto ciò che ne deriva in termini di salubrità dei prodotti, salvaguardia dei terreni e contrasto dei cambiamenti climatici”.
Maura Sacher
Grazie per aver letto questo articolo...
Da 15 anni offriamo una informazione libera a difesa della filiera agricola e dei piccoli produttori e non ha mai avuto fondi pubblici. La pandemia Coronavirus coinvolge anche noi. Il lavoro che svolgiamo ha un costo economico non indifferente e la pubblicità dei privati, in questo periodo, è semplicemente ridotta e non più in grado di sostenere le spese.
Per questo chiediamo ai lettori, speriamo, ci apprezzino, di darci un piccolo contributo in base alle proprie possibilità. Anche un piccolo sostegno, moltiplicato per le decine di migliaia di lettori, può diventare Importante.
Puoi dare il tuo contributo con PayPal che trovi qui a fianco. Oppure puoi fare anche un bonifico a questo Iban IT 94E0301503200000006351299 intestato a Francesco Turri