Il grande Lunapark di Expo Milano-Rho ha spento le luci ma qualche riflettore resta puntato.
Tiriamo anche noi le somme e nessuno ci può più dire che eravamo dei disfattisti.
Oltre a decine di articoli per esaltare i maggiori appuntamenti, il nostro giornale ha dedicato all’Expo di Milano 2015 anche sei Editoriali, dal 17 febbraio al 31 agosto 2015, non proprio benevoli giacché al Grande Evento, che una volta abbiamo definito il “più grande Lunapark d’Italia”, guardavamo con la massima obiettività.
Fin dall’inizio ci siamo domandati cosa doveva rappresentare questa Expo per il nostro Paese, in termini culturali, turistici, di costi economici, di benefici per i nostri poveri, ed eravamo scettici circa la massa delle ricadute positive che i sostenitori politici assicuravano sarebbero rimaste in casa Italia. Avevamo molte perplessità, a partire dalla necessità di requisire e radere al suolo oltre 1 milione di mq di aree industriali ed agricole per innalzare il grande Lunapark tecnologico di 2 km di lunghezza (a sua volta destinato ad essere smantellato, a spese delle stesse aziende e Nazioni partecipanti) per finire alle previsioni di ciò che ne sarà di quel deserto, dopo il 31 luglio del 2016.
Eravamo persino diffidenti che i bilanci ufficiali alla fine faranno capire la reale situazione delle ricadute economiche effettive, mentre c’era chi gongolava sul grande afflusso dei visitatori, ironizzando alla faccia di gufi. Ma, mentre già i bilanci di Expo s.p.a., a fine 2014 registravano un rosso di oltre 46 milioni, il Commissario Giuseppe Sala (tuttora nella veste, perché le sue dimissioni per candidarsi a Sindaco di Milano, inviate non sono ratificate), giurava sul prestigioso successo su tutti i fronti, ed è clamorosamente smentito (sbugiardato).
I conti definitivi sono stati divulgati l’altro ieri, contenuti nel documento di liquidazione della società a cui è stata affidata la gestione del Grande Evento.
Ognuno può leggerli sulle testate nazionali e in rete, con un consiglio: non vi fate confondere, quando leggete che la società ha chiuso con un patrimonio ‘netto’ di 23 milioni di euro, non significa che è in attivo (Patrimonio Netto = capitale sociale + riserve + utili conseguiti in attesa di destinazione – perdite in sospeso in attesa di copertura) e infatti il complesso tra crediti da incassare e debiti
da liquidare gira attorno al centinaio di milioni di euro, e molti non verranno né incassati né liquidati, ci sono decine di vertenze in Tribunale. Tra i creditori anche le aziende dello Stato Stelle e Strisce, con 26 milioni di dollari da saldare, per mancata erogazione da parte del Dipartimento di Stato.
Che altro dire a fronte di costi complessivi per 2.254,7 milioni di euro, spesi tra il 2009 e la fine del 2015, e 1.258,7 milioni di contributi pubblici, contro un incasso dei biglietti venduti pari a solo 421,3 milioni (ben meno dei rosei 440 milioni per 20 milioni di ipotetici visitatori)? Ah, sì, che il documento del Bilancio sarà presentato all’assemblea dei soci “entro il 30 giugno”, ma dopo le amministrative.
Chissà se agli elettori milanesi importa.
Non siamo solo noi a fare i conti in tasca all’Expo ed a dire che il Grande Evento è stato un “grande buco”.
Maura Sacher
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