Parità di genere a tutti i costi.La mania italiana di “fare” “tanto per far vedere che si è decisionisti” e senza ascoltare nessuno, ha messo in crisi i Consorzi volontari di tutela dei prodotti italiani delle Denominazioni di Origine Protette e Indicazioni Geografiche Protette. Con un emendamento il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali ha, infatti, obbligato i Consorzi a modificare, entro sei mesi, i loro statuti per garantire la parità dei generi nei loro Consigli di amministrazione.
La scelta dimostra che tale misura è stata presa non solo senza consultare i Consorzi ma anche senza essersi informati di come è strutturata tale rappresentanza. I Consigli di amministrazione dei Consorzi di Tutela, infatti, sono organismi eletti in base alla composizione della base sociale di ogni Consorzio, cioè delle diverse categorie degli utilizzatori delle Denominazioni, secondo l’ entità della produzione rappresentata.
AICIG, Associazione Italiana Consorzi Indicazione Geografica, che rappresenta circa il 95% della produzione DOP – IGP e FEDERDOC, Confederazione Nazionale dei Consorzi Volontari Tutela Denominazioni dei Vini Italiani, che rappresenta circa l’85% della produzione DO Sono rimaste stupefatte da tale scelta.
In una nota il Presidente AICIG Giuseppe Liberatore ha dichiarato: “Ci troviamo un provvedimento astruso ed incomprensibile, che non ha nulla a che vedere con la finalità dei Consorzi di tutela e con la composizione dei loro CdA, inapplicabile perché mancano le persone che rappresentano in modo paritario i due generi. E’ un dato di fatto,- continua Liberatore,- che la base sociale dei Consorzi è rappresentata da imprese i cui rappresentanti legali sono generalmente uomini. Di riflesso, conclude il Presidente AICIG, anche la composizione dei CdA del Consorzi riflette tale dato di fatto e non si capisce la ragione nel voler imporre una parità di genere che sarebbe nei fatti impossibile avere, perché non esiste alla base sociale>.
Dello stesso avviso Riccardo Ricci Curbastro, Presidente Federdoc, che afferma: “pur rilevando nel mondo del vino una presenza femminile maggiore rispetto ad altri comparti, non è accettabile un’imposizione del genere dall’alto senza un confronto con i Consorzi stessi rappresentativi della base. Non è imponendo percentuali di genere nei CdA dei Consorzi che si afferma la presenza delle donne nel mondo dell’agricoltura e esprimiamo vivamente dubbio e stupore in merito alla ragione di tale provvedimento”
Quando le donne proprio non ci sono chi siederà nei Consigli di Amministrazione? Qualche parente che proprio del settore non si interessa? Non è certo un’imposizione di legge farà in modo che la base produttiva delle Denominazioni sia meglio rappresentata ma al legislatore italiano, tutto questo pare secondario.
Roberta Capanni
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